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(foto fonte web)
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Le cifre dell’acconto e cosa ci aspetta per dicembre.
In via XX settembre l’Imposta Municipale Unica significa molto più di una semplice entrata fiscale.

Prevista per il 2014 dal precedente Governo Berlusconi per tutti gli immobili, a esclusione dell’abitazione principale, la nuova ICI è stata anticipata, opportunamente modificata, al 2012 in via sperimentale, nel famoso decreto “Salva-Italia” del dicembre scorso, per poi essere applicata a regime dal 2015.

Emblema di una serie di disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici che hanno evitato all’economia italiana sorti ben peggiori di quelle che attualmente sta vivendo, l’IMU, come ogni nuovo tributo, ha creato notevole disappunto nell’opinione pubblica, soprattutto nei Comuni del nord Italia guidati da giunte leghiste, le quali hanno portato avanti campagne politiche denigratorie nei confronti del Governo Monti, esortando i cittadini a non pagare la nuova imposta.

Aldilà della facile demagogia, era alquanto improbabile che la “cura montiana” potesse solo prevedere tagli agli sprechi della Pubblica Amministrazione. Lo Stato italiano porta sul groppone sessant’anni di un crescente debito pubblico, che si concretizza in obbligazioni emesse dallo Stato per far fronte alla spesa pubblica che è maggiore delle entrate fiscali.

Nel tempo tale deficit, dovuto ad un aumento esponenziale della spesa per lo Stato sociale (istruzione e salute) e a un irrigidimento delle entrate fiscali, si è trasformato in un fenomeno storico mai risolto, che risulta aggravato da un deficit finanziario praticamente perenne dovuto al pagamento degli interessi.

L’obiettivo di Mario Monti di raggiungere il pareggio di bilancio nel 2013 passava da una necessaria messa in sicurezza dei conti pubblici, da garantire anche attraverso nuove entrate previste e contabilizzate nel decreto “Salva-Italia” per circa 21,4 miliardi di euro della sola IMU per l’intero 2012, di cui 9 andranno allo Stato e 12,4 ai Comuni.

Di questa somma, lo scorso 18 giugno è scaduto il pagamento dell’acconto che, scontando i ritardatari e i rivoltosi (a proposito ricordiamo ai nostri lettori distratti e bellicosi che se ci ripensano possono pagare entro il 2 luglio con applicazione di una sanzione minima dello 0,2% al giorno), coloro che hanno usufruito della rateizzazione in tre tranches del pagamento e in attesa di ulteriori dati ancora non trasmessi da alcune grandi banche, ha già portato nelle casse dell’Erario circa 9 miliardi di euro che, comprese le suddette eccezioni, diventeranno ben presto circa la metà (21,4 che si prevede incassare a fine anno).

A caldo verrebbe da dire che questi tecnici, aldilà di qualche errore sul numero effettivo degli esodati, le stime le sanno fare, ed anche piuttosto bene.

La partita però non finisce qui, a dicembre c’è il secondo versamento da fare nelle casse dello Stato di cui ancora si attendono le aliquote effettive in quanto potranno salire o scendere a seconda del risultato ottenuto dal gettito dell’acconto appena versato.

A giudicare dai primi risultati, l’ipotesi di minori aliquote non è da escludere, ma ciò non toglie che in alcuni casi potrebbero comunque aumentare.

Una volta ufficializzati i dati definitivi si prospetta una nuova fase per l’IMU che si concretizzerà con l’incontro tra il Governo e l’Anci sulle possibili modifiche da applicare all’imposta, sulla base della prospettiva comune di renderla un tributo completamente locale e gestito esclusivamente dalle Amministrazioni comunali con maggiori margini di manovra per la scelta delle aliquote e delle detrazioni per figli a carico.

Chi vivrà vedrà!

di Matteo De Santis