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(foto fonte web)
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Sembrava un caso già chiuso, scontato; la morte di Elisa Claps, 16 anni, avvenuta nel 1993, dopo pochi giorni dal ritrovamento del cadavere avvenuto nel marzo di quest’anno, sembrava riconoscere in Danilo Restivo, 37 anni,  il volto e il nome dello stupratore e dell’assassino della ragazza.

Eppure, quel che in apparenza si era presentato come un caso già chiuso in attesa di condanna, si trasforma in un giallo d’altri tempi degno del miglior Conan Doyle, rendendo affascinante e appassionata l’analisi dell’intera vicenda.

Il cadavere di Elisa Claps viene ritrovato nel sottotetto della Chiesa della SS. Trinità di Potenza il 17 marzo del 2010 e immediatamente la Procura di Salerno avvia le indagini per scoprire la mano che, con tredici colpi d’arma da taglio a punta dopo essere stata stuprata, ha ucciso ucciso Elisa. Il ritrovamento avviene in seguito alla segnalazione dell’Arcivescovo di Potenza a sua volta informato da alcuni operai intenti nella riparazione del sottotetto.

I sospetti si incentrano sin dal principio su Danilo Restivo, considerato l’ultimo ad aver parlato con Elisa il 12 settembre 1993, giorno della scomparsa; Restivo viene ufficialmente accusato di omicidio. Passano pochi giorni e all’Inghilterra, paese in cui Restivo risiede da qualche anno e dove è già indagato dalla polizia di Bornemouth per un altro omicidio, l’Italia chiede l’estradizione per processarlo.

Nonostante il rifiuto all’estradizione da parte delle autorità inglesi, per i media italiani Danilo Restivo è già colpevole. Eppure, diversi elementi non quadrano, rendendo necessaria un’analisi approfondita della vicenda.

E’ di qualche giorno fa la notizia, da parte della Procura di Salerno, che gli esami su tracce di sperma ritrovati sul luogo del delitto non sono riconducibili al Dna dell’unico indagato. In breve, Restivo non sarebbe stato presente sul luogo del delitto; l’Ert ha invece trovato il Dna di due uomini.

Sin dal primo istante, Restivo si è detto estraneo alla morte di Elisa. Gli esami svolti potrebbero dargli ragione in parte. Ad accusare quel che finora è l’unico indagato della vicenda sarebbe solo il taglio di una ciocca di capelli della vittima, caratteristica riscontrata anche nell’omicidio di Heater Barnett, la sarta inglese che secondo la polizia di Bornemouth sarebbe stata uccisa nel settembre del 2002 da Danilo Restivo. Il taglio di una ciocca di capelli è considerata finora dalla Procura una delle manie di Restivo, firma inoppugnabile delle attenzioni morbose nei confronti delle proprie vittime.

Ma le ombre che aleggiano sulla vicenda sembrano essere ben più fitte. A complicare ulteriormente le indagini della Procura di Salerno sono gli oggetti presenti sul luogo del delitto fra cui un bottone rosso presente sotto il corpo della vittima. Proprio il bottone potrebbe essere una delle chiavi di volta del caso.

La famiglia Claps ha sempre fatto presente come nella vicenda vi siano stati diversi tentativi di depistaggi, come nel 1993 all’indomani della scomparsa di Elisa quando l’allora magistrato negò sia un mandato di perquisizione a casa di Restivo, non dando così la possibilità di sequestrare alcuni vestiti sporchi di sangue in virtù di una ferita alla mano il giorno dell’omicidio probabilmente compatibile con l’oggetto utilizzato per uccidere Elisa, sia l’acquisizione dei tabulati telefonici dei possibili sospettati di quella che allora era indicata solo come una scomparsa.

I depistaggi e le mancanze deriverebbero dalla presenza nella vicenda di nomi eccellenti. Si scopre, infatti, che il bottone rosso presente sotto il corpo di Elisa potrebbe appartenere all’ex parroco di Potenza, Don Mimì Sabia, deceduto nel 2008 ma in carica nel 1993.

Il bottone non appartiene né agli indumenti di Elisa né a quelli di Restivo; una foto del vecchio parroco, nelle mani della Procura di Salerno, mostra invece una tonaca a cui manca proprio un bottone rosso dello stesso tipo ritrovato sul luogo del delitto.

Tuttavia, non è l’unica pista seguita dagli inquirenti. Nella vicenda sarebbe presente anche un certo Eris Gega, un ragazzo albanese che frequentava il gruppo di Danilo e Elisa, protagonista, secondo le pagine del diario della ragazza, di un tentativo di approccio.

Gega sarebbe stato visto da un testimone, rimasto per ora            anonimo, avvicinare Elisa assieme a Restivo e obbligare la ragazza a salire su una “Uno” bianca il giorno della scomparsa. Ma non è tutto.

La scoperta del cadavere sarebbe avvenuta originariamente nel gennaio del 2010 ma occultata da qualcuno, lo stesso che avrebbe provveduto a far sparire alcune travi dal sottotetto per permettere la fuoriuscita dei gas cadaverici; proprio l’assenza delle travi avrebbe poi portato alla presenza di infiltrazioni d’acqua nel sottotetto e ai successivi lavori di riparazione, dando però la possibilità di scoprire il cadavere.

Tuttavia, quanto ritrovato dall’Ert, in seguito ai rilievi effettuati nel sottotetto, sembrerebbe riuscire a mettere insieme tutti i pezzi del complicato puzzle, riscontrando in Restivo l’assassino materiale di Elisa, ma indicando in altri due uomini gli stupratori della ragazza. Quel che ha tutta l’aria di essere un giallo d’altri tempi potrebbe essere dunque vicino alla soluzione delle indagini.

Non resta quindi che attendere gli sviluppi della vicenda e conoscere così nomi e cognomi dei due uomini che, così come la famiglia ha affermato, avrebbero trasformato il  sottotetto della SS. Trinità di Potenza “in una squallida alcova”.

di Pasquale Ragone

 (Articolo tratto dal settimanale “International Post”, 9.8.2010)