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(foto fonte web)
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E’ difficile pensare che qualcuno non abbia mai visto il famoso programma televisivo “La ruota della fortuna”. Ma cosa c’entra con il caso Orlandi? E’ presto detto e la risposta è nelle tante consonanti e vocali che da mesi si affollano nella vicenda dando vita a parole spesso assurde.

Da un pò di tempo sembra essere dinanzi a una sorta di “anno zero” del caso Orlandi. All’improvviso è come se la scomparsa di Emanuela, appena sedicenne nel 1983, fosse avvenuta soltanto poche settimane fa e che in realtà si sia solo all’inizio di lunghe e promettenti indagini.

Invece dalla sua scomparsa sono passati quasi trent’anni e non occorre una gran fantasia, così come non occorre aver preso visione della letteratura sul suddetto caso per comprendere che siamo in realtà sempre allo stesso punto, senza alcun margine di miglioramento.

Dopo voli in Inghilterra che promettevano di svelare dove Emanuela sarebbe stata segregata, in grado invece di giungere soltanto a una donna di cognome Orlandi ma che nelle fattezze e nella data di nascita nulla aveva a che vedere con la ben più nota e giovane Emanuela, la ruota della fortuna pesca un altro jolly che permette di comprare l’ennesima vocale per giungere alla risoluzione del giallo.

Il jolly, in questo caso, è una carta trita e ritrita che ormai non fa paura nemmeno al più novello giocatore: Antonio Mancini, detto “Nino l’Accattone”, ex uomo della Banda della Magliana. Grazie alle fattezze cinematografiche, sappiamo ormai quasi tutto della banda più famosa della storia criminale romana.

Chi però sembra non conoscere ancora nei dettagli la propria storia è proprio Mancini, individuo che prova a smuovere le acque con una notizia che, un tempo, avrebbe fatto tremare i palazzi sacri. Eccoci allora nuovamente a scrivere frasi che i lettori hanno ormai imparato a memoria, con verbi eternamente al condizionale e avverbi destinati a scomodare i sinonimi più blandi e sconosciuti della lingua italiana.

Emanuela Orlandi sarebbe stata rapita dalla Banda della Magliana per via del denaro investito da quest’ultima nel Banco Ambrosiano di Roberto Calvi e mai recuperato a causa del suo fallimento. Per dirla in breve, Emanuela sarebbe stata rapita per ricattare il Vaticano affinché le cifre investite tornassero alla Banda.

La teoria di Mancini sembra non fare una piega, eppure qualcosa non torna. Innanzitutto non si spiega perché costui, che è bene ricordare esservi stato parte attiva, sappia il “perché”, il “quando”, ma non riveli il “come” del rapimento e della presunta morte della ragazzina. Il dubbio è fondato.

Non è infatti plausibile che Mancini non ne fosse al corrente e che al contempo sapesse i motivi del rapimento. A questo si contrappongono però le possibili, e più sostanziose, verità del “perché”. E’ necessario inquadrare il periodo storico. Emanuela sparisce un anno dopo la morte di Roberto Calvi, quando ormai il Banco Ambrosiano aveva subito revisioni su revisioni da parte della Banca d’Italia indicandone nei fatti il fallimento.

Il Vaticano aveva certamente perso dei soldi, ingenti quantità di denaro. A oggi, ancora non è spiegata l’origine di quel danaro e soprattutto il sospetto più forte nel tempo è stato quello di individuare nelle attività criminali della Banda della Magliana (traffico di droga e di armi) la fonte privilegiata dei soldi da riciclare.

L’equazione è facile: affidarsi alla gestione economica del Vaticano significava tentare di accrescere il proprio rendiconto economico; il rischio però era che se il Vaticano perdeva dei soldi, lo stesso avveniva per la Banda. Ed è quanto accaduto. Verosimilmente il buco di svariati miliardi di lire subito dal Vaticano, all’indomani della fine del Banco e di Calvi, aveva in quella cifra parte dei soldi investiti proprio dalla Banda della Magliana.

Secondo tale versione, la sepoltura di De Pedis a Sant’Apollinare si giustificherebbe con il desiderio di quest’ultimo di essere lì sepolto in cambio della rinuncia a una vera e propria guerra da parte della Banda nei confronti del Vaticano. Ma qui inizia il campo minato seminato da Mancini.

Continuando a girare la ruota della fortuna si scopre che alcune delle vocali e delle consonanti comprate danno vita a parole fuori luogo Nel nostro caso abbiamo dinanzi le parole “prestito” e “attacco”: il primo è quanto la Banda avrebbe elargito al Vaticano; il secondo è quanto avrebbe voluto scatenare la Banda nei confronti del Vaticano.

E’ difficile pensare che quest’ultimo avesse bisogno dei soldi prestati da un gruppo criminale per ingigantire la propria portata economica; e appare fuori luogo pensare che questo fosse stato in grado di scatenare una guerra contro il Vaticano che, volente o nolente, attraverso personaggi ambigui è accertato che stringesse rapporti con servizi deviati, oltre che con personaggi-chiave della politica.

Per la Banda della Magliana sarebbe stata una battaglia persa ancora prima di cominciare.

Ma girando la fatidica ruota della fortuna spunta un altro jolly: un uomo che sostiene che invece Emanuela sia ancora viva e che in realtà sia stata rapita perché addirittura figlia di un Papa. Costui parlerà nelle prossime settimane promettendo altri fuochi d’artificio. Ma per quest’altre rivelazioni è necessario aspettare il proprio turno. Avanti con il prossimo giro di ruota: sotto a chi tocca.

di Pasquale Ragone