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Potrebbe essere la fine di un giallo durato tre mesi oppure essere solo un colpo di scena che fra qualche settimana perderà la propria forza mediatica. L’arresto di Salvatore Parolisi, accusato dell’omicidio di Melania Rea, è oggi una sorta di enigma ancora alla ricerca della giusta interpretazione. Per comprendere la complessità della vicenda è d’obbligo portare indietro le lancette dell’orologio agli attimi precedenti l’omicidio, avvenuto il giorno di Pasqua.

Secondo gli investigatori, Melania è nel bosco delle Casermette a Ripe di Civitella, in provincia di Teramo, e arriva senza alcuna forzatura su quella che sarà la scena del delitto. L’assenza di qualsiasi forma di colluttazione può ritenersi a oggi la vera “prova” della presunta colpevolezza di Parolisi.

Melania è infatti accovacciata nell’atto di espletare i propri bisogni quando avviene l’aggressione mortale. I primi sei colpi giungono alle spalle; altre venti coltellate si distribuiscono in più punti del corpo fra il torace, il collo e la testa. Risulta del tutto inutile il tentativo di Melania di fuggire con i pantaloni abbassati.

La dinamica sembrerebbe scontata e priva di dubbi. Eppure, sono ancora tante le questioni aperte che fanno del caso Rea una di quelle vicende destinate a occupare ancora per molto i programmi delle principali reti televisive così come le prime pagine dei giornali italiani. A “condannare” il marito di Melania è anzitutto la sua posizione al momento dell’omicidio, tutt’altro che lontano dal luogo del delitto anzi, nella stessa zona nella quale esso è avvenuto.

Esiste poi una traccia ancora tutta da decifrare ma che ugualmente colloca Parolisi sulla scena del crimine: la presenza di saliva sulle labbra della vittima. Cosa significa? Senz’altro il dato che nell’immediato traspare è che la vittima non ha avuto il tempo di “togliere” la saliva del marito dalle labbra.

Detto in modo più diretto, gli scenari che nascono sono due: o il bacio è avvenuto dopo il decesso di Melania; oppure pochi attimi prima della morte, forse nel momento in cui venivano inferte le coltellate mortali. In entrambi i casi Parolisi verrebbe nuovamente collocato sulla scena del crimine e non a chilometri di distanza così come avev asserito inizialmente, in compagnia della figlia. Proprio quest’ultima è un ulteriore capitolo della vicenda.

La presenza della bambina, di soli diciotto mesi, è considerata dagli investigatori un’aggravante all’omicidio stesso. Ma non si tratta dell’unica. Secondo l’anatomopatologo, dott. Adriano Tagliabracci, il giorno dopo il decesso di Melania sono state inferte altre due coltellate, interpretate come un accanimento nei confronti della vittima.

A tutto ciò si aggiungono le tracce di Dna femminile riscontrato sotto le unghie di Melania, quest’ultime ancora intatte, lasciando intendere che nessun contatto violento è avvenuto fra la vittima e il suo aggressore. Ne consegue che chi ha ucciso Melania fosse conosciuto da quest’ultima; e che sulla scena del delitto sembra comparire un secondo presunto aggressore, nello specifico una donna. Qual è quindi la conclusione di un giallo che potrebbe essere al suo epilogo?

Rispondere al quesito spetta al Gip sollecitato dalle riflessioni della Procura di Ascoli Piceno, diretta dal procuratore capo Michele Renzo.  Secondo la Procura, Parolisi avrebbe portato Melania nel bosco e l’avrebbe colpita alle spalle. Sulla scena non è escluso che una donna, forse l’amante dello stesso Parolisi, conosciuta durante una delle esercitazioni dell’esercito nel quale l’uomo è caporalmaggiore, avrebbe potuto avere parte attiva nell’omicidio infierendo parte delle coltellate.

Quale sia la verità spetta ora al processo che verrà, nell’attesa che nuovi elementi emergano per capire quale sia stato effettivamente il ruolo di Parolisi. Nel frattempo il Paese si interroga alla ricerca del cosiddetto “giudizio popolare” sul caso. Ma l’enigma ha bisogno di risposte da parte della giustizia italiana. Come per tutti i grandi casi di cronaca nera avvenuti in Italia e che hanno visto imputati nella posizione di poter essere carnefici o estranei ai fatti,  anche per Salvatore Parolisi urge rispondere al più classico degli interrogativi : colpevole o innocente?

di Pasquale Ragone  

(Articolo tratto dal settimanale “International Post”, 25.7.2011)