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(foto fonte web)
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“Funerali di Stato” per Placido Rizzotto, sindacalista della Cgil sparito nel 1948. E’ il sentire comune di un Paese che vede nella storia del trentaquattrenne sindacalista il simbolo di quanti negli anni sono scomparsi, morti o anche solo vittime mutilate da una lotta, quella contro la mafia, che si rinnova sin dalle origini della nostra Repubblica.

Placido Rizzotto nasce a Corleone il 2 gennaio 1914 e la sua vita si infrange dal principio contro gli orrori della Seconda Guerra Mondiale combattendo nella partigiana Brigata Garibaldi.

Per Rizzotto il dopoguerra significa lotta per la conquista di diritti tutt’altro che scontati, a cominciare dalla questione delle terre che investe da vicino i contadini siciliani, costretti quest’ultimi a essere tagliati fuori dalla gestione dei grandi latifondi lasciati invece nelle mani di baroni restii a concessioni.

Fra il 1946 e il 1948 l’impegno del giovane sindacalista diventa sempre più marcato e schierato, dapprima fra le fila del Partito Socialista Italiano e poi fra quelle della Confederazione Generale Italiana del Lavoro (CGIL). Ma è proprio qui che si interrompe una storia che sarà ripresa solo dopo sessant’anni. La sera del 10 marzo 1948, Placido Rizzotto svanisce nel nulla. Forse è scomparso o forse si pensa alla sua uccisione. Un pastorello, Giuseppe Letizia, racconta di essere stato testimone di quel che indica sin da subito come un omicidio ai danni del sindacalista, inizialmente aggredito da due uomini.

A condurre le indagini per quella morte eccellente è un giocane capitano dei Carabinieri, Carlo Alberto Dalla Chiesa, il quale giunge all’arresto di due uomini, Vincenzo Collura e Pasquale Criscione, accusati dell’aggressione mortale su mandato del boss Michele Navarra.

Nel frattempo, l’unico testimone dei fatti viene rinvenuto cadavere: più tardi si sarebbe accertato l’utilizzo di un’iniezione letale per zittire la sola persona in grado di accusare i due uomini finiti nelle mani dei Carabinieri. Intanto spunta un altro nome che avrebbe poi occupato diverse volte le pagine della cronaca siciliana: secondo Collura, anche Luciano Liggio avrebbe preso parte all’aggressione e all’uccisione del sindacalista. Ma il processo si conclude con le assoluzioni dei tre imputati.

Sono passati ormai sessantatré anni dalla morte di Rizzotto. Nonostante il lungo corso, i Carabinieri hanno portato a compimento l’indagine grazie alle nuove tecniche investigative. Si è proceduto così al prelievo del DNA di Carmelo Rizzotto, padre del giovane sindacalista, e si compara quest’ultimo con i resti di un uomo rinvenuti in una delle foibe di Rocca Busambra, a Corleone.

Il confronto positivo del test non lascia dubbi: finalmente si rinviene il corpo di Placido Rizzotto.

Per l’Italia questo è sufficiente per celebrare, anche solo idealmente, quel che si potrebbe definire un “Funerale di Stato”. Non servono scie di politici e negozi chiusi per commemorare il sacrificio di chi è stato vittima della mafia. E’ sufficiente ricordare, restare in silenzio e imparare che l’unico modo per celebrare il sangue versato da tanti è di vivere con onestà la propria esistenza, piccolo sforzo che va oltre il tempo.

di Pasquale Ragone

(Articolo tratto dal settimanale “International Post”, 19.3.2012)