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E’ partita da qualche giorno l’inchiesta tesa a scoprire cos’è accaduto in Liguria, precisamente a Riomaggiore in provincia di La Spezia, dov’è situato uno dei parchi più interessanti dell’intera regione, un vero e proprio paradiso finito nel mirino della giustizia per i reati di associazione a delinquere, truffa ai danni dello Stato e abuso d’ufficio.

Perquisizioni, arresti e avvisi di garanzia non hanno risparmiato i responsabili del Parco; in primis il presidente del Parco stesso, Franco Bonanini. Solo qualche anno prima, Bonanini era stato sindaco di Riomaggiore ed europarlamentare del Partito Democratico attestandosi come figura stimata soprattutto nell’ambito della politica locale. Eppure, per lui sono scattate le manette così come per Gianluca Pasini, attuale sindaco di Riomaggiore, e per diversi imprenditori e impiegati, compreso il comandante della polizia locale della cittadina.

L’intera vicenda ruota attorno ad alcuni finanziamenti statali concessi per progetti e lavori di vario genere da svolgere all’interno del Parco delle Cinque Terre. Secondo la Procura di La Spezia, nella persona del pm Luca Monteverde, i soldi elargiti non sono serviti per il pubblico servizio ma terminati in gran parte nelle tasche dei responsabili del Parco. Le prove, secondo il pm, sarebbero nelle centinaia di documenti recuperati dalla Guardia di Finanza nel corso delle perquisizioni che hanno investito gli uffici comunali di Riomaggiore e quelli della Presidenza del Parco.

Così come nel caso della ristrutturazione di un canale danneggiato nell’ultimo alluvione che aveva investito la zona, anche per altri lavori è stata rilevata la parziale completezza di quest’ultimi, senza precisare dove siano invece finite diverse migliaia di euro originariamente concesse per dare seguito alle necessità del Parco. Eppure, se al pm Monteverde tutto sembra chiaro ed evidente, è lo stesso Bonanini a far presente come tutto sia stato frutto di un errore come quando a quest’ultimo venne imposta la multa di trecento euro perché i documenti relativi al proprio stabile riportavano una firma inappropriata.

Nello specifico, la firma era del figlio di Bonanini il quale avrebbe espletato ogni necessità burocratica a causa dell’impossibilità fisica del padre, ricoverato per un problema al fegato. Vecchie ruggini, dunque, che oggi tornano a infervorare la disputa sulla gestione del Parco delle Cinque Terre, ponendo l’accento su una presunta truffa ai danni dello Stato per ingrassare un sindaco, un presidente e diversi imprenditori chiamati a intervenire attivamente per la manodopera all’interno del Parco. Qualcuno ha già considerato gli arresti mosse atte a destabilizzare lo scenario politico ligure, colpendo il sindaco Pasini eletto con una lista civica di centro-sinistra, ma soprattutto nei confronti dell’ex sindaco Pd Bonanini.

La notizia dell’arresto ha provocato sin dalle prime ore sconcerto e preoccupazione in molte figure politiche di primissimo piano del panorama nazionale: dal Ministro dell’Ambiente, Stefania Prestigiacomo, fino ai Senatori di centro-sinistra Della Seta e Ferrante. Se da un lato gli arresti appaiono assurdi al mondo politico, dall’altro essi rischiano di assumere tuttavia i contorni di un vero e proprio affaire in cui non è escluso che potranno comparire nomi di politici coinvolti importanti nei reati compiuti in merito alla gestione del Parco: responsabilità e coperture eccellenti in cambio dei presunti finanziamenti pubblici non utilizzati. Non ci sarebbe di che stupirsi.

La storia di questo Paese dimostra quotidianamente quanto sia sottile il confine fra vicende locali e scandali nazionali. Forse le vicende del Parco delle Cinque Terre potrebbe rientrare in questa triste lista.

di Pasquale Ragone

(Articolo tratto dal settimanale “International Post”, 4.10.2010)