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È indiscutibile che una delle forme d’intrattenimento più di successo e diffuse nel mondo sia l’animazione. Nata agli inizi del ventesimo secolo, è un’industria che ha avuto un’evoluzione enorme, portandola a diventare una delle più profittevoli ed affermate della storia. Le due scuole mondiali più diffuse sono quella giapponese (che a cavallo del primo decennio del 2000 si è espansa a macchia d’olio e precedentemente aveva trovato in Italia una seconda patria) e quella americana che per decenni è stata quasi del tutto concentrata nel colosso multimiliardario che è la Disney.

La casa del topo è uno dei cosiddetti ‘imperi economici’ e negli ultimi anni ha ulteriormente accresciuto il suo potere con l’acquisizione della Marvel, la storica casa editrice di Comics, e della Lucasarts, con l’intenzione di produrre nuovi film della saga di Star Wars, da noi conosciuta come Guerre Stellari. Il successo della Disney è universalmente attribuito all’omonimo creatore dei suoi personaggi originari, Walt Disney, padre di figure oggi universalmente conosciute come Mickey Mouse e Donald Duck – i nostri Topolino e Paperino – ed il suo nome è oramai indiscutibilmente sinonimo di ‘intrattenimento per bambini’. Tuttavia, negli ultimi anni si è andato a riscoprire un altro lato di questa figura, una parte della sua personalità e della sua vita che per molto tempo si è fatto di tutto per nascondere, e con buona ragione.

Ironicamente, un sunto tra i più divertenti e pungenti lo da un prodotto d’animazione, nelle vesti di un episodio della serie Family Guy, da noi conosciuta come ‘I Griffin’. Negli anni la serie di Seth Green ha fatto satira su tutto e tutti, e Walt Disney non è esente. Nel suddetto episodio, Stewie e Brian -rispettivamente il bambino ed il cane protagonisti dello show- si ritrovano per caso in un mondo in cui, testuali parole, «tutto è disegnato da Walt Disney». È tutto più colorato e morbido, gli animali parlano e prendono parte ad un numero musicale su una torta appena sfornata con tutta la trasformata famiglia Griffin. Tale è l’attrattiva, la gaiezza e la felicità pura che sprizza da ogni dove, che Stewie e Brian decidono di rimanere in quel mondo. Ma l’idillio ha breve durata. Subito dopo, la porta d’ingresso si apre.

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È Mort, l’unico personaggio ebreo dichiarato dello show. Segue una inaudita scena di violenza off-screen sul povero malcapitato. E la reazione di Stewie è: «Ah, già! Avevo dimenticato. Questo è un universo di Walt Disney». Mai metafora fu più forte sul dualismo del ‘Perfect American’ -l’Americano Perfetto, che è il titolo dell’opera lirica messa in scena in Spagna, prima opera mai realizzata sulla figura di Disney- che se era da un lato il creatore di personaggi cari ad adulti e piccini, dall’altra era un antisemita convinto ed un misogino. Altre caratteristiche discutibili a lui attribuite sono un odio profondo per i sindacati, la superbia e la melagomania, che lo rendevano un capo meno che ideale sul posto di lavoro. In un’intervista apparsa anche nel quotidiano “Il Corriere della Sera” a Peter Stephan Jungk, autore della storia dalla quale l’opera lirica spagnola è tratta, lo scrittore ha dichiarato: «Chi lavorava per lui era come in una Accademia militare e lui era il generale, o se volete il dittatore».

Un giudizio forte su una delle non rare figure che nella storia sono state un connubio indelebile di luci ed ombre, ma forse mai come nel caso di Walt Disney. Si tratta di una persona che è stata presente nella vita di quasi un secolo di bambini ed adulti. Alla sua creatività si faceva compagna una lista di inclinazioni e convinzioni tutt’altro che “family-friendly” e non possiamo che essere grati che sia stata la prima a dominare la sua vita e ad essere la fonte principale del suo lascito. Anche se sembra che il reparto creativo della Disney sia oramai maggiormente concentrato sulle sit-coms e le baby-stars -salvo per i loro film d’animazione, ultimo l’eccellente Wreck-It Ralph-, non si può obbiettare che Walt Disney abbia creato un impero che ha intrattenuto e continuerà ad intrattenere per gli anni a venire. Per tutti i suoi difetti, non si può che essere grati per come si è svolta la sua vita e per il suo talento.

di Simone Simeone