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Pochi vestiti già pronti e una valigia aperta. E’ questo l’emblema del sentimento post elettorale di una generazione che chiede riforme ma è costretta a restare al palo, ancora una volta.

Dalle elezioni politiche del 2013, le ultime che ieri hanno catalizzato l’attenzione del Paese, ci si attendeva una maggioranza importante, solida. Senza ipocrisie possiamo tutti ammettere che credevamo nel Pd-piglia tutto, lasciando solo una (buona) fetta a Grillo, utile a quella funzione di “controllore” che tanto ha invocato per tutta la campagna elettorale. Si era in attesa, più di tutto, del de profundis per Berlusconi e del berlusconismo.

Tutti pensavano: “Gli italiani, almeno stavolta, sceglieranno diversamente; capiranno che non è più tempo di stare dietro promesse tanto eccezionali quanto impossibili”. Invece no. L’Italia ha scelto e il risultato di ieri dice che vuole Silvio Berlusconi; che una larga parte del Paese crede ciecamente in lui riconoscendolo leader indiscusso.

Alla Camera, la coalizione di centrosinistra se la cava con meno di un soffio (0.4%) sul centrodestra, mentre al Senato nessuno avrà una maggioranza. Il risultato è l’impossibilità di governare se non attraverso accordi, un po’ come con il governo Monti.

Tuttavia Pd-Sel sembra difficile trovi accordo con Pdl-Lega e men che meno con Grillo che, stando alla campagna elettorale, non farebbe accordi con alcuno; e poi c’è il Centro che però ha un conto in sospeso con Pdl-Lega e solo in parte può trovare accordi con il Pd per via dell’esistenza di Sel in coalizione.

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L’altro pezzo di Paese, quello più importante, è composto da quella generazione di venticinquenni-trentacinquenni che sperava nella vittoria di qualcuno, anzi chiunque. C’è l’esigenza di riforme importanti.

Il lavoro non può più aspettare altrimenti si rischia un blocco generazionale che farà sprofondare l’Italia in una depressione economica ben più consistente dell’attuale, distruggendo quella massa di giovani che sono abbandonati a se stessi sulla soglia del mondo del lavoro.

Ma ancora una volta dobbiamo assistere alla resurrezione di Berlusconi e riassesteremo alle chiacchiere su soldi da restituire, su processi da rifare, su giudici “sporchi e cattivi”, sui presunti “comunisti” che in verità non esistono nemmeno più a Cuba. E’ la quasi resa di una generazione stanca. Ma in Italia questa è l’aria che tira e bisogna farsene una ragione.

E allora? Allora chi sceglie di vivere in questo Paese deve sapere di essere in un luogo caratterizzato dalla frammentarietà e dal pregiudizio di chi va al voto, dalla incapacità di capire il cambio che impongono le dinamiche politico-sociali. Insomma un Paese anziano, vecchio e stanco per mentalità con tutto il bene e il male che comporta.

Tutto ciò rende evidente che non c’è spazio e attenzione alle necessità dei giovani. E allora domani saranno in molti ad avere purtroppo la valigia pronta, lasciando l’Italia al proprio piccolo destino.

di Pasquale Ragone