(foto fonte web)

(foto fonte web)

(foto fonte web)

(foto fonte web)

Spread the love
(foto fonte web)
(foto fonte web)

Let’s tweet again. Passata la vigilia delle elezioni nel più sordo silenzio elettorale (per la verità un solo candidato, Berlusconi, si è sentito di infrangere la regola) ecco che ai politici dei diversi schieramenti sono tornate le parole. Le Politiche – quanto mai specchio del Paese – hanno fatto emergere innanzitutto una condizione di grande caos, per nulla calmo, con nessun partito che è riuscito a esplodere e con alcune sorprese significative. Quello che emerge, soprattutto, è il dilagante stato di sfiducia che ha investito gli italiani, corsi in massa alle urne per premiare quel Movimento 5 Stelle che è stata la vera sorpresa nel precoce uovo di pasqua elettorale: addirittura primo partito alla Camera, numeri da capogiro (vicinissimi alle coalizioni storiche) anche in Senato.

E così, nel day after, molti politici sono ritornati alla parola, anzi, al ‘cinguettio’. Il social network Twitter, è infatti diventato un punto di riferimento comunicativo imprescindibile per gli esponenti di partiti e movimenti, una zattera dolce per giungere su ogni isola dell’oceano della rete. I ‘vecchi’ con le ‘nuovissime’ tecnologie.

Il primo tweet (post-elettorale) non si scorda mai. Partiamo dal ‘Grande boh’ (prendendo in prestito il titolo di un libro di Jovanotti), dai profondi delusi del centrosinistra, che fino a pochi mesi fa avevano la vittoria in pugno con oltre dieci punti percentuali di vantaggio e che dopo le urne hanno conservato uno scarto di pochi decimali e addirittura hanno perso la maggioranza dei seggi in Senato. Una mission impossible, tragicamente completata.

(foto fonte web)
(foto fonte web)

Quasi fuori dal mondo il primo cinguettio del segretario Pd Pier Luigi Bersani, che non pensa alla remuntada berlusconiana e all’ingovernabilità del Paese, quanto a quel misero vantaggio che ancora conserva sul rivale pidiellino: “Il centrosinistra ha vinto alla Camera – scrive, pardon, twitta – ed è avanti al Senato. Gestiremo responsabilità che le elezioni ci hanno dato nell’interesse dell’Italia”. Levare le fette di salame e insaccati vari dagli occhi: al momento il vantaggio minimo non permette né responsabilità, né azione nell’interesse del Paese. Al massimo la responsabilità (grave) e di non aver saputo amministrare il vantaggio schiacciante dello scorso autunno. Non twitta Renzi, che passava giornate intere attaccato al social network in tempi di primarie del partito, ma che negli ultimi mesi è un po’ scomparso dalla scena mediatica. Chissà che con un suo appoggio convinto o anche solo con la sua presenza, il Pd non avrebbe avuto più possibilità.

Analisi più ragionata e con i piedi per terra per il socio di Bersani, Nichi Vendola, che dopo un clamoroso 3% (e rotti) alla Camera, scrive: “Tutti ci dicevano di guardare Monti. Monti è uno sconfitto. Grillo è il vero vincitore delle elezioni. Non basteranno alleanze politiche”. Come dargli torto? Più che a Monti, forse, la sinistra avrebbe dovuto guardare ai suoi elettori che si sentivano traditi e sono corsi a farsi consolare tra le braccia dei grillini.

Inno alla concretezza il primo tweet di Berlusconi, che guarda già avanti e a una ventilata e clamorosa alleanza ‘responsabile’ (sic) con sinistra e centro: “Accordo con il Pd? Ora dobbiamo prendere del tempo per riflettere. Niente accordo con Monti”. Già il fatto che Pdl e Pd tengano le porte aperte l’uno all’altro, fa accapponare la pelle. Grandi festeggiamenti, comunque, tra i politici di centrodestra, per l’insperato recupero ai danni di Bersani. Brinda su twitter la Santachè: “Ma che facce hanno i giornalisti di sinistra in televisione?”, un piccolo ‘sfottò’ probabilmente rivolto a Corrado Formigli, conduttore di Piazza Pulita su La7, trasmissione cui è intervenuta la stessa politica, rimarcando il successo dell’uomo di Arcore.

(foto fonte web)
(foto fonte web)

Visioni discordanti al Centro. Visione vera e propria, quasi un miraggio, quella di Monti, che scrive su twitter: “Grazie ai vostri voti è nata una start-up della politica: Scelta Civica”. A vedere i risultati ottenuti (un misero 10% circa a entrambe le camere), pare che più che una start-up sia cominciato il funerale di un partito. Più realista l’alleato Pierferdinando Casini: “Nella vita si vince e si perde, vale per la vita e per la politica. Siamo sereni perché abbiamo fatto ciò in cui credevamo”. Sacrosanto. Viene da ridere perché è forse la prima volta, dopo diciannove anni, che Casini si stacca da un potere forte come quello di Berlusconi per fare quello in cui crede e per la prima volta perde clamorosamente le elezioni.

Quasi non pervenuti Ingroia e Giannino. Il primo regala un tweet che è quasi un delirio: “Grazie a tutti. La nostra rivoluzione civile non si ferma qui”. E ci mancherebbe: Rc non è arrivata alla soglia di sbarramento neppure alla Camera, dove era relativamente bassa (4%), il ché, di per sé, già rende una barzelletta il ringraziamento iniziale. Che il suo movimento non si fermi qui è una scelta: cancellarlo ora, significherebbe decretarne un fallimento che alla luce di un successo veramente scarso, non è solo un’ipotesi. Giannino, invece, paga la bufala sul master e raccoglie poco più dell’1%. Già lunedì pomeriggio l’ex giornalista twitta: “Io devo chiedere ancora e sempre scusa a tutti e innanzitutto agli elettori di Fare” e poi, come gli altri, trova una buona scusa per ‘tirarsela’: “È Fare a non far scattare a SB (Silvio Berlusconi, ndr) premio anche alla Camera”.

Concludiamo con Grillo, re della rete (twitter compreso) e vincitore – almeno morale – della competizione politica: “Siamo diventati la prima forza in assoluto in tre anni, senza soldi, senza aver mai accettato un rimborso”. Forse è proprio questo che vogliono gli italiani: politici che non guardino solo al denaro, ma che pensino ai cittadini. Prima forza in assoluto? Bene, da grandi poteri derivano grandi responsabilità (Spider Man dixit). Tocca a voi. “Ci vediamo in Parlamento, sarà un piacere”, diceva Grillo già tre anni fa. Ora fa in modo che il piacere non sia tutto tuo.

di Luca Romeo