(foto fonte web)

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Le luci sono spente, la gente stanca si accinge ad andare a riposare, è tardi, fa freddo e un’anziana signora ottantenne, nel mentre è in procinto di mettersi sotto le coperte, sente degli strani rumori provenire dall’ingresso della sua abitazione. Preoccupata ma coraggiosa, s’incammina per capire cosa stesse accadendo, dato il frastuono che sempre più forte si estende fra le stanze. A punta di piedi e con fare determinato la nonnina arriva in cucina e trova ciò per cui chiunque preso dal panico avrebbe iniziato a urlare, dimenarsi e cercare aiuto per denunciare l’accaduto.

Un uomo, sulla cinquantina sta svolgendo una rapina in piena notte e con il proprietario all’interno, quindi già reo di diverse inflazione: tentata rapina, violazione di domicilio, e probabilmente diverse aggravanti che si sarebbero manifestate se la signora avesse agito nel modo più giusto contestualmente alla circostanza. L’anomia della vicenda invece è sconvolgente, in quanto l’anziana signora mossa da pietà, e spirito di servizio, calma il rapinatore, lo mette a sedere e con fare gentile, lo placa, gli prepara un piatto di spaghetti, e lo lascia sfogare, facendosi raccontare le problematiche della sua vita, dimostrando la massima ospitalità riservata per i personaggi più illustri.

L’ “aspirante Lupin” commosso e grato della clemenza e bontà della vecchina, scusandosi del disagio , fa ritorno a casa senza procurare alcun danno fisico o materiale, lasciando così al proprio posto la refurtiva e con il cuore lieto la signora che contenta e come se nulla fosse, si mette a letto, probabilmente certa di aver fatto un opera buona, evitando non poche rogne al ladruncolo.

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Si conclude così la strana vicenda avvenuta in una cittadina del brindisino, che ha visto protagonisti due cuori a confronto. Un’alta dimostrazione di lotta alla criminalità ordinaria, che fa riflettere circa l’approccio di condanna verso alcune azioni devianti. Non sempre i crimini sono per mano di gente spietata e di sicari professionisti. Spesso l’etichetta sociale che si accolla ai criminali, spinge loro ad assumere atteggiamenti devastanti e cruenti. Alcune volte conviene rischiare, perché può bastare davvero poco, una mano tesa, un po’ d’ascolto, un approccio spiazzante, per cambiare le carte in tavola, riscrivendo quel vecchio copione preimpostato dalla cultura contemporanea e creare prevenzione, quella vera, che sa di innovazione.

In merito conviene porsi delle domande e dei piani strategici per il fenomeno del sovraffollamento delle carceri. Molti uomini e donne vengono sbattuti “in gabbia” senza spiegazioni. Si vuole ripulire il paese dal colore, dalla lingua, dal pericolo. Si vuole creare sicurezza urbana e domestica, e spesso a pagarne le conseguenze è quella gente che conta poco, puzza, grida, ha fame e sete, è presa dalla disperazione e per mantenere in piedi la propria famiglia è disposta a tutto. A queste persone viene messo un marchio indelebile, per la società saranno sempre “delinquente”.

Allora la società attuale che non si meravigli se non si può più dormire tranquilli, perché tutti sono chiamati in causa e responsabili di quello che accade. Quella attuale dovrebbe essere una società più ascoltante e meno giudicante. Sapere che in giro c’è ancora qualche forza dell’ordine che dinnanzi a una rapina in un supermarket, non arresta ma paga la refurtiva al commesso, lasciando libero l’uomo che tentava di rubare pannolini, latte, biscotti e acqua,permettendo la remissione, fa sperare che forse qualcosa si può fare e si sta iniziando a muovere, in un Italia flagellata e in ginocchio.

di Vito Franco