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Lunedì 4 marzo 2013, ci lascia una parte di storia, portando con sé la rabbia e la delusione di tutte quelle persone che ancora oggi continuano a credere fortemente nella conoscenza e nel sapere, un incendio di ben tredici ore cancella la Città della Scienza di Napoli, fortemente voluta nel 2001 e considerata una tra le cento eccellenze della cultura italiana.

 E’ difficile immaginare per chi non ha mai avuto l’immensa fortuna di ammirare la sua bellezza dal vivo, il patrimonio culturale che oggi non esiste più, l’incendio ha distrutto con grande violenza delle componenti della Città della Scienza, quali il planetario, sei capannoni ed il centro Science, per un totale di dodicimila metri quadri, ciò che resta oggi sono solo le fondamenta del museo che avrebbe dovuto rappresentare il corpo umano.

C’è tanta rabbia, sgomento ed amarezza non solo tra la gente della città, ma anche tra quei 160 lavoratori che da lunedì non avranno più un posto di lavoro, tra quei 350 milioni di visitatori che annualmente si recavano a Napoli per osservare da vicino uno dei musei più elogiati al mondo. Ma la rabbia in questo momento lascia spazio soprattutto al desiderio di vendetta, alla voglia di verità nel capire chi si nasconde dietro un atto così meschino, che fin da subito non ha lasciato adito alla convinzione che si trattasse di un incendio casuale.

Oggi nella delusione non possiamo far altro che ricordare: “ Cosa era la Città della Scienza?”.

La città del sapere e della conoscenza sorge da un’idea fortemente voluta da Antonio Bassolino durante gli anni Novanta, nell’area della città di Bagnoli, paradiso incontaminato che non è stato violato nemmeno dal patrimonio dell’acciaio. Negli anni ’80 a Bagnoli viene costruita l’acciaieria Italsider, con la promessa di investire nel Mezzogiorno, per nascondere il rammarico di una città meravigliosa come Napoli, con un immenso patrimonio da offrire e non sfruttato al massimo; l’Italsider rappresenta la grande voglia di riscatto, la possibilità di dimostrare che il Sud non è secondo a nessuno.

(foto fonte web)
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La produzione di acciaio porta visibilità e guadagni a Napoli, ma gli errori e i debiti della politica contribuiscono ben presto a virare prospettiva di investimento: “Perché non puntare tutto su un sapere che può essere alla portata di tutti?” E così quasi per gioco, nasce la Città della Scienza, con un obiettivo di partenza non poco importante, si sceglie di investire su una struttura che sia un punto di snodo nel quale attingere informazioni sulla scienza, su tutte quelle ricerche che hanno segnato il nostro presente e continueranno a segnare le decisioni del nostro futuro. Il polo museale è accessibile a chiunque, viene inaugurato con poche pretese ma cresce pian piano fino ad essere una delle poche strutture al mondo in grado di autofinanziarsi, che accoglie ogni anno milioni di visitatori tanto da essere definita come uno dei musei più interattivi al mondo.

Il desiderio di riscatto e di emancipazione della città di Napoli viene però limitato da chi vuole Bagnoli cementificata; iniziano delle vere e proprie pressioni politiche che sfociano in un atto drammatico, quello del rogo sull’intera Città della Scienza. Chi sia il diretto o i diretti colpevoli, mossi da quale principi non è ancora chiaro, le forze dell’Ordine compresa la Squadra Antimafia, stanno collaborando per arrivare presto ad una verità; la cosa certa fino ad ora è che si tratta di un atto organizzato con precisione e freddamente meditato, la scelta del giorno di chiusura e dell’orario, la quantità di liquido infiammabile versata per appiccare il fuoco, assolutamente non gestibile dal sistema di spegnimento del museo portano ad escludere con assoluta certezza che si tratti di un evento casuale.

Tra lo sgomento e la tristezza possiamo solo sperare che Napoli e la scienza risorgano dalle ceneri, ciò che abbiamo perso oggi forse mai nessuno ce lo restituirà, ma bisogna maturare la consapevolezza che nemmeno il più negativo degli episodi, può cancellare il desiderio di poter ricominciare da zero a ricostruire qualcosa in cui crediamo fermamente.

di Alessia De Felice