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(foto fonte web)
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Il 25 aprile 1969 esplose una bomba nello stand della FIAT, provocando sei feriti, mentre un’altra venne ritrovata inesplosa alla stazione centrale: un segnale per Piazza Fontana?

L’anno 1969 in Italia è fondamentalmente ricordato per il clima di tensione nel paese, culminato il 12 dicembre con l’attentato di Piazza Fontana a Milano, che causò 17 morti e 88 feriti. Nonostante siano passati più di trent’anni, la strage è tutt’altro che dimenticata: solo l’anno scorso ha debuttato sui grandi schermi Romanzo di una strage di Marco Tullio Giordana, un film tratto liberamente dal libro “Il segreto di Piazza Fontana”, di Paolo Cucchiarelli, e che ricostruisce quei giorni nel capoluogo milanese offrendo interpretazioni più o meno opinabili.

Rivisitati con il potere che solo il tempo può dare, i collegamenti tra i due eventi sono ben più evidenti di quanto si potesse ipotizzare in un primo momento. Innanzitutto è bene evidenziare una curiosità: le indagini sulle bombe del 25 aprile vennero affidate al commissario Luigi Calabresi, lo stesso che si occupò della strage di Piazza Fontana.

Calabresi, dopo il sopralluogo e i primi accertamenti, puntò subito sulla pista anarchica, tralasciando gli indizi più o meno chiari che portavano in altre direzioni e venendo per questo motivo accusato di pregiudizi. Se non altro, Calabresi fu colpevole di aver sottovalutato alcuni documenti. Nel dicembre dello stesso anno, alcuni giorni prima della strage di Piazza Fontana, diversi quotidiani e riviste (tra cui L’Unità, L’Espresso e Paese Sera) pubblicarono un rapporto riservato che un agente segreto greco inviò all’allora primo ministro Georgios Papadopoulos, uno dei principali artefici del golpe che diede la Grecia in mano alla “giunta dei colonnelli”.

Nel rapporto si faceva riferimento a un contatto tra un italiano (che simpatizzava per il governo anticomunista greco) e alcuni personaggi all’interno del corpo dei carabinieri e dell’esercito per compiere operazioni in chiave anticomunista. In particolare, al Capitolo II il punto A recita: “Le azioni la cui realizzazione era prevista per epoca anteriore non hanno potuto essere realizzate prima del 20 aprile. La modifica dei nostri piani è stata necessaria per il fatto che un contrattempo ha reso difficile l’accesso al padiglione FIAT.

Le due azioni hanno avuto un notevole effetto”. Il chiaro riferimento alle bombe alla FIAT e alla stazione centrale è sottovalutato anche dagli stessi media che riportano il documento. Un errore fatale, che portò non solo all’attentato di Piazza Fontana, ma anche al seguente depistaggio dei veri responsabili dell’attentato: i neofascisti Franco Freda e Giovanni Ventura, la cui colpevolezza sarà accertata solo da una sentenza della Cassazione nel giugno del 2005.

di Nicola Guarneri