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 «Chiunque può arrabbiarsi: questo è facile. Ma arrabbiarsi con la persona giusta, nel grado giusto, al momento giusto, per lo scopo giusto, e nel modo giusto: questo non è nelle possibilità di chiunque e non è facile» (Aristotele, Etica Nicomachea).

Definire la rabbia, una delle imprese più difficili per tutti coloro che per anni hanno cercato di descriverne le caratteristiche principali. Il punto comune di partenza sia per l’ambito della psicologia che per le neuroscienze è la teoria dei tre cervelli di Paul Mc Lean, secondo la quale la rabbia interviene come una reazione conservativa della specie, una modalità di difesa aggressiva a ciò che ci appartiene.

Tale sentimento è qualcosa di più intenso e profondo di qualsiasi altra emozione; arriva a toccare la nostra anima e si verifica in seguito ad una condizione di frustrazione per il mancato soddisfacimento di un nostro desiderio; rappresenta di per sé un modo di camuffare il dolore, dimostrando di essere invulnerabili e di avere tutte le carte in regola per reagire in maniera positiva ad uno stimolo avverso.

I tre requisiti                                                  

James Averill, uno dei principali ricercatori in tema di rabbia ipotizza che ci arrabbiamo principalmente in risposta a tre requisiti: quando attribuiamo la responsabilità di una nostra frustrazione ad un’altra persona, quando pensiamo che arrabbiarsi sia l’unica soluzione possibile ad una circostanza non ottimale, e quando reputiamo che la rabbia possa essere una risposta pronta di difesa ad una situazione che potrebbe potenzialmente danneggiarci.

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Se la rabbia è una reazione di difesa ad uno stimolo avverso, non è sbagliato immaginarla come un’espressione non necessariamente negativa, si può parlare in alcuni casi di rabbia “positiva”, qualora reagire con rabbia ad una situazione di forte stress o ad una forte delusione, può far emergere il nostro lato combattivo, tirando fuori l’energia, la grinta e la giusta determinazione per risolvere un problema nel migliore dei modi.

Recentemente uno studio pubblicato sulla rivista Psychological Science (http://pss.sagepub.com/content/early/2010/09/20/0956797610384152) ha definito la rabbia come un sentimento positivo, analizzando le aree cerebrali che si attivano in concomitanza di una reazione di rabbia “positiva”, come forza richiesta per raggiungere una ricompensa. Questa emozione, in particolare, attiva un’area nell’emisfero sinistro del cervello che è associata a diverse emozioni positive e, al pari di queste, può motivare le persone a ottenere qualcosa.

La neurologia

Studi neurobiologici dimostrano che l’attività del cervello in concomitanza ad uno stato di rabbia, risulta maggiore nell’emisfero sinistro rispetto a quello destro: se il cervello persegue un’emozione si attiverà maggiormente la regione frontale sinistra implicata nelle emozioni positive; così come quando il cervello risponde direzionando la sua attenzione, si attiverà maggiormente la regione frontale sinistra che ci avvicina all’emozione che stiamo provando in quell’istante, mentre quella destra ci allontana da essa.

Oltre all’attivazione delle aree cerebrali provare un sentimento di rabbia, negativa o positiva che sia, determina un’iperattivazione del sistema nervoso simpatico, specializzato nella regolazione di parametri fisiologici: arrabbiarsi causa un aumento del battito cardiaco, aumento della pressione arteriosa e dell’irrorazione dei vasi sanguigni, e determina un irrigidimento del tono muscolare.

Ogni cambiamento fisiologico nel nostro corpo è associato all’intensa attività dei messaggeri chimici del nostro cervello, i neurotrasmettitori.

Diversi studi hanno identificato la serotonina, come principale responsabile del sentimento di rabbia, basti pensare che questa molecola è implicata nello scambio di informazioni tra due aree fondamentali per le emozioni: l’amigdala, che regola le reazioni di paura e di rabbia, ed i lobi frontali che regolano le componenti più emotive nelle reazioni di rabbia.

Anche la noradrenalina (la quale controlla gli stati energetici del nostro corpo), la dopamina (importante per la produzione delle endorfine, sostanze tra l’altro regolatrici del senso del dolore, nella regolazione del piacere), e gli oppiacei endogeni che mediano gli effetti analgesici e rilassanti, sembrano avere un loro ruolo anche se non ben definito, nel mediare le reazioni di rabbia.

In conclusione si può affermare che la rabbia non è necessariamente uno stato d’animo negativo, se gestita in maniera costruttiva può contribuire in molti casi ad aumentare la motivazione umana nel perseguire certi obiettivi, quindi arrabbiatevi si, ma sempre con moderazione!

di Alessia De Felice