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Le odierne “addiction” non risparmiano nessuno.  

Le testimonianze

“Ho cominciato a 16 anni e non ho più smesso. Ad un certo punto ho capito di aver toccato il fondo, con 180mila euro di debiti. E’ difficile uscirne. A me basterebbe un euro per ricominciare” -Ex giocatore compulsivo di video poker e slot machine-

“I problemi sono iniziati in età preadolescenziale. Inizialmente giocava un paio di volte a settimana con il fratellino. Poi il gioco online è diventato una vera ossessione, arrivando a cambiare il suo comportamento” -Madre di un giovane, prigioniero dei videogiochi-

“Ho sempre scommesso su tutto, anche sulle partite di pallone degli amici. Il gioco è stato parte della mia vita, in tutti i settori. Che tu perda o vinca conta poco, il gioco serve per estraniarsi e non pensare ai problemi reali” -Alberto, 40 anni, assiduo scommettitore-

Se fino a qualche tempo fa la dipendenza, fortemente stigmatizzata nei volti di alcuni dei suoi protagonisti, era quasi esclusivamente relegata all’uso/abuso di sostanze tossiche, oggi, tale meccanismo disfunzionale definisce, in maniera più esaustiva, un’esperienza di eccesso emozionale e comportamentale che non conosce nè età, né classe sociale.

Accanto a chi fa uso di droghe o abusa di alcol, aumenta giornalmente il numero di chi riconosce come problematico il suo rapporto con il gioco, come nelle suddette testimonianze, con internet o con il sesso. Negli ultimi anni, infatti, l’ambito delle dipendenze patologiche ha cominciato a includere una vasta gamma di comportamenti che in passato non venivano classificati come addiction (gioco d’azzardo patologico, internet addiction, love addiction).

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I centri di aiuto

Al cambiare delle forme di dipendenza, si trasforma anche il nome delle strutture, in cui si offrono servizi di prevenzione, cura e riabilitazione.

I SerD (Servizi per le Dipendenze) comprendono le funzioni e l’organizzazione stabiliti per i vecchi Sert (Servizi per le Tossicodipendenze) ed estendono i loro interventi agli ambiti relativi alle sostanze d’abuso legali ed a quelli delle dipendenze comportamentali.

Forniscono risposte ai singoli, alle loro famiglie, alle istituzioni attraverso percorsi terapeutici e riabilitativi, integrati sulla base dei bisogni ed articolati in maniera da includere trattamenti farmacologici e psicologici, erogati nell’ambito delle Asl o in strutture accreditate (comunità terapeutiche).

L’uso di farmaci è spesso sostituito dall’incidenza interdisciplinare tra medici, psicologi e altri operatori, il cui lavoro prevede una continuità assistenziale, garantita per mezzo di una rete realizzata sia con le strutture del Ssn, sia con gli Enti Locali, la Scuola, il Volontariato.

Numeri e volti

“Ai 550 SerD presenti sul territorio italiano si accede in maniera immediata e gratuita, conservando se si desidera l’anonimato” –afferma Alfio Lucchini, Direttore del Dipartimento dipendenze della Asl Milano 2, nonché Presidente nazionale della FeDerSerD- “In un’indagine condotta tra chi ne ha fatto uso, l’89% dei pazienti sostiene di essere entrato in contatto facilmente con i servizi del proprio territorio e l’80% si dice soddisfatto del percorso di cura che sta seguendo al loro interno”.

Le cifre sono impressionanti: il flusso reale annuo di pazienti nei SerD ammonta a 300.000 unità. Ma a padroneggiare sono comunque i dati relativi alle tossicodipendenze: più di 13 persone ogni 1.000 residenti, di età compresa tra i 15 e i 64 anni, sono dipendenti da sostanze al punto tale da richiedere un trattamento.

Le nuove forme di dipendenza si aggiungono a quelle già note, di cui vediamo cambiare i volti. Addio, dunque, al vecchio stigma sociale: oggi, il bisogno patologico veste anche in giacca e cravatta; è in continua crescita il numero di professionisti, padri e madri che non possono fare a meno di appagare i loro desideri compulsivi.

Se, dunque, negli anni ottanta e novanta la stazione dello zoo di Berlino è stato il luogo simbolo della tossicodipendenza giovanile, le sue succursali, attualmente, ospitano l’ addiction nei suoi nuovi volti e forme.

di Annalisa Ianne