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È una giornata molto calda a Suello (Lecco) e Teresa Valsecchi, 50 anni, assieme alla figlia, Giovanna Dell’Oro di 19, sono tranquille nella loro casa di via Mauri 4, nel centro storico. È il 17 agosto 2010, primo pomeriggio, ore 14.00. Non immaginano certo che l’immigrato marocchino Mohamed El Bouardi, 39 anni, sta per fare irruzione in casa loro, armato di coltello, portato precedentemente da casa. Bastano pochi istanti per infliggere diverse coltellate: una quindicina al volto e al corpo per Teresa; stesso numero anche per Giovanna.

La scena

Le due donne urlano finché possono e richiamano l’attenzione di alcuni vicini di casa che intervengono. L’aggressore cerca di fuggire correndo in casa dalla sorella che lo ospitava. C’è chi vorrebbe linciarlo. Intervengono i carabinieri e l’uomo viene catturato, non senza difficoltà, poiché quando giungono in casa della sorella, lo trovano ancora armato di coltello  insanguinato, intento a  scagliare un televisore e altri oggetti. Intanto, Teresa e Giovanna sono ricoverate in ospedale.

Teresa viene trasportata in condizioni disperate al “Manzoni” di Lecco e sottoposta a un delicato e complesso intervento chirurgico. Le sue condizioni appaiono subito gravi e la prognosi rimane rimasta riservata. La situazione sembra poi in miglioramento ma, quasi dopo un mese, la donna muore stroncata da una crisi respiratoria nel reparto di Neurorianimazione.

Giovanna, soccorsa dal tempestivo arrivo dei vicini, riesce a salvarsi. Non c’è nulla da fare per Rosalinda Valsecchi, la madre settantenne di Teresa, che non regge alla tragica perdita della figlia e muore di crepacuore pochi giorni dopo.

Chi è l’assassino?

Il nostro assassino si scopre che aveva già dato segni di squilibrio quando ancora risiedeva in Marocco e che,  si appurò durante le indagini,  pochi giorni prima della tragedia aveva malmenato la sorella, la quale aveva sporto inutilmente denuncia ai carabinieri di Valmadrera. Se fosse stata tenuta in considerazione, forse questa tragedia avrebbe potuto essere evitata. Non solo. Piuttosto che per la premeditazione, si pensa subito che Mohamed El Bouardi sia infermo di mente.

E lui avvalora tale ipotesi, dicendo di essere vittima di una fattura da parte del parroco di Suello e che l’unico modo per salvarsi sarebbe stato quello di sacrificare quella donna a Satana e di rapire la figlia.

Il difensore dell’uomo intuisce subito il profilo border-line del proprio assistito e chiede  una perizia per valutarne la capacità di intendere e di volere. L’incidente probatorio viene esperito davanti al Giudice delle Indagini Preliminari di Lecco, Gianmarco De Vincenzi; il tribunale nomina la Dottoressa Mara Bertini di Milano come perito, la quale espone successivamente gli esiti della perizia psichiatrica davanti al Gup di Lecco.

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La sentenza

La  Corte d’Assise di Como assolve Mohamed El Bouardi  dalla doppia accusa di omicidio e lesioni gravissime, tra non poche polemiche,  per totale vizio di mente accogliendo la perizia.

Il collegio presieduto dal giudice Vittorio Anghileri (a latere Valeria Costi) ha inoltre disposto, come misura cautelare, che il marocchino venga detenuto per un minimo di cinque anni nell’ospedale psichiatrico di Castiglione delle Stiviere. Trascorso questo tempo, una speciale commissione ne valuterà lo stato psichico: potrà rimanere in carcere oppure uscire, dipenderà dalla sua pericolosità sociale.

Si disse che uccise mosso dalla passione non ricambiata per la ragazza, quindi la sua pericolosità sociale dovrebbe essersi esaurita. Forse un pò di colpa l’aveva anche la ragazza, che potrebbe avergli dato troppa corda: ma l’uomo uscirà e vivrà come se nulla fosse.

Casi analoghi

Questa vicenda non può non richiamare alla mente quella ancor più recente di Ilaria Leone, la diciannovenne di Castagneto Carducci  (Livorno), brutalmente uccisa il primo maggio di quest’anno, soffocata nel sangue dopo un pestaggio brutale e sottoposta a una violenza ripetuta e prolungata da parte di Ablaye Ndoye, senegalese di 34 anni.

Le indagini in merito sono ancora in corso, quindi la prudenza è d’obbligo, ma alcune analogie si possono azzardare. La stessa età delle ragazze, giovani, forse un pò ingenue.
Si disse di Giovanna che forse in precedenza aveva dato un pò troppa corda al suo aggressore; di Ilaria si dice fosse tossicodipendente e che si rifornisse proprio dal suo assassino.

«Il fermato è uno spacciatore di droga e la vittima una consumatrice», ha già sentenziato il procuratore Francesco De Leo.
Una ragazza di 19 anni vittima della brutalità di un uomo di 34: questo rimane il fatto.
I rapporti che intercorrevano tra i due, poco dovrebbe importare.

Ablaye Ndoye

Ma chi è Ndoye? E’ in Italia senza regolare permesso di soggiorno (e ciò ci riporta anche a Kabobo il picconatore); ha precedenti per furto, lesioni e rissa.

La madre del ragazzo ci fa sapere che per lei questi sono giorni terribili. È angosciata, piange.
Si chiama Ndaye Ndoye e descrive il figlio come un bravissimo ragazzo: «Ndaye si guadagna da vivere vendendo borse e altri oggetti. È una persona semplice, buona, segnata dalla durezza della vita». Sono le medesime parole che ci pare di risentire proprio per Kabobo, vittima del disagio sociale.

di Paola Pagliari