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(foto fonte web)
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Le moderne tecniche di screening del genoma divengono via via sempre più complesse, ma il loro grande limite resta sempre il costo, non sempre accessibile per le famiglie in dolce attesa.

Domenica a Londra, durante il Congresso della Società Europea di riproduzione umana e di embriologia, è stata presentata una nuova tecnica di mappatura genetica in grado di rivelare l’intero assetto genetico del feto, prima che si attui l’impianto all’interno dell’utero materno.

L’ideatore della tecnica è un medico dell’Università di Oxford, Dagan Wells, pioniere nel campo della diagnosi preimpianto, il quale ha mostrato durante la conferenza i primi risultati ottenuti, dell’analisi genetica di un bimbo nato dalla fecondazione in vitro.

Ad oggi la tecnica più diffusa per conoscere l’eventuale presenza di anomalie cromosomiche e non solo, è l’amniocentesi, ovvero il prelievo di liquido amniotico ottenuto perforando la placenta con un lungo ago, ma che comporta il rischio dell’uno per cento di aborto.

Dna fetale                                              

Negli anni Novanta, tramite diversi studi è stato possibile identificare all’interno del plasma sanguigno materno, la presenza di una percentuale di Dna fetale pari al dieci per cento; è stato quindi supposto il passaggio del genoma del feto all’interno del circolo sanguigno materno, in seguito all’eliminazione delle cellule morte che entrano nella placenta, in questo modo è possibile verificare l’eventuale presenza di malattie cromosomiche, ma non è invece permesso di ricostruire l’intera sequenza del genoma fetale.

Ad oggi l’amniocentesi nonostante il rischio di aborto, anche se ridotto, risulta essere il metodo più diffuso al fine di identificare la presenza di mutazioni genetiche nel feto, ma da diversi anni la ricerca in questo ambito si sta muovendo per cercare di estendere le possibilità di screening ad  numero più ampio di malattie rare, evitando contemporaneamente tutti i rischi associati ai test, quali ad esempio il prelievo del tessuto placentare che si verifica durante l’amniocentesi.

Per mappare l’intero assetto dei geni di un feto è necessario un semplice prelievo di sangue dalla madre e di saliva dal padre, in questo modo si può ottenere entro tre giorni, una completa analisi della composizione del feto.

Anomalie genetiche                                 

Il metodo ideato da Dagan Wells si chiama Next generation sequencing (Ngs) e permette in sole 16 ore un quadro completo di tutte le anomalie genetiche dell’embrione, sia quelle dei singoli geni (ad esempio la fibrosi cistica), sia quelle che riguardano le alterazioni del numero dei cromosomi (come le trisomie della sindrome di Down).

Lo studio è stato condotto prelevando cellule da 45 embrioni portatori di anomalie genetiche al fine di verificare l’attendibilità della tecnica, in seguito si è scelto di analizzare l’intero genoma utilizzando embrioni al quinto giorno di sviluppo provenienti da due coppie che erano ricorse alla fertilizzazione in vitro.

Novità

La vera innovazione è quella di riuscire a concentrare in un’unica analisi i metodi diversi per individuare patologie di singoli geni, sia quelle del Dna mitocondriale che quelle dei cromosomi.  Inoltre con il metodo di Wells è possibile prelevare il tessuto dalla blastocisti durante la terza giornata ed in 16 ore si può verificare l’eventuale presenza di una mutazione, per decidere se impiantare l’embrione senza necessariamente congelarlo per attendere i risultati dalle analisi.

In Italia con leggi in vigore sarà possibile effettuare la diagnosi preimpianto solo nelle coppie sterili che ricorrono alla fecondazione in vitro, in questo modo se l’embrione sarà sano verrà impiantato, altrimenti si congela ma senza ucciderlo.

di Alessia De Felice