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Non si capisce più se “siamo figli delle stelle” – per fare il verso ad Alan Sorrenti e soprattutto a Franco Battiato – ma quello che è certo è che siamo “pronipoti di Sua Maestà il Denaro”.

Soldi soldi soldi

Non c’è più via di scampo: oggi in Italia non c’è attività, impresa o idea che non sia mossa dalle logiche finanziarie e che per questi motivi non metta in competizione questo imprenditore con l’altro. L’ultimo caso ha addirittura gettato fango su quella che dovrebbe essere un’impresa no profit, San Patrignano.

Una storia in chiaroscuro

La comunità di San Patrignano nasce nel 1978 a Coriano, in provincia di Rimini, per opera di Vincenzo Muccioli. Da subito assume lo stato di “no profit’” e si pone come obiettivo il recupero dei tossicodipendenti, alla fine del decennio dei Settanta che ha visto l’esplosione di droghe pesanti come l’eroina e con il consumo della cocaina che di lì a poco avrebbe invaso il mercato illecito mondiale.

In breve tempo, quella di Sanpa (come viene chiamata abitualmente) diventa la comunità di recupero più famosa di Italia, per quanto la famiglia Muccioli non sempre gestisca il centro in maniera ottimale dal punto di vista dell’etica. Nel 1989 sulle cronache nazionali scoppia il caso del ragazzo morto all’interno dell’Istituto, con l’autopsia che rivela segni di percosse su tutto il cadavere. Negli anni successivi saranno molti gli ex ‘inquilini’ di San Patrignano che denunceranno le violenze subite, storie che destano scalpore nel momento in cui vengono raccontate, ma che subito dopo cadono irrimediabilmente nell’oblio.

Dal recupero tossicodipendenti al recupero utili

La gestione no profit, però, presto si tramuta in pura teoria. Fino ai giorni nostri, infatti – anche con Andrea Muccioli, figlio di Vincenzo – la comunità è in grado di spendere milioni di euro per la ristrutturazione e l’allargamento (si parla di 900 metri quadrati calpestabili), realizzabili grazie ai lavori che la gestione ha fatto compiere agli stessi ragazzi rinchiusi nel centro, ma soprattutto grazie alle ingenti donazioni che arrivavano dalle ricchissime famiglie di potenti, che ‘investivano’ denaro nella comunità riminese.

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Scrivi “donazione”, leggi “acquisto”

Tra le famiglie che più hanno donato soldi a San Patrignano, spicca la Moratti. Solo nel 2010, Gianmarco Moratti (marito di Letizia, ex sindaco di Milano) ha effettuato una donazione di 16 milioni di euro alla famiglia Muccioli. L’effetto, con gli anni, è stato quello che i Moratti sono diventati i veri padroni del centro di recupero, un pò come gli azionisti di maggioranza di un’impresa che di no profit non ha proprio nulla. Tradotto in parole povere, con le ricchissime donazioni degli ultimi anni, i Moratti si sono assicurati l’effettiva proprietà della comunità.

Comandare con i soldi degli altri: pura fantascienza

«Il fatto è che i Moratti volevano subentrare nella proprietà – afferma in maniera diretta Cristina Fontemaggi, moglie di Andrea Muccioli, al quotidiano locale Romagna Noi – sono diventati i padroni assoluti di San Patrignano e il patto che c’era tra loro e mio suocero è stato disatteso». Un patto che, a dire la verità, avrebbe fatto sorgere più di un dubbio anche al più ingenuo degli ingenui: «I Muccioli dovevano essere sul campo e i Moratti dovevano sostenere l’opera economicamente». Insomma i Muccioli pretendevano di gestire il centro con i soldi dei Moratti. E soprattutto che questi ultimi sborsassero denaro senza voler interferire nelle decisioni interne. Fantascienza, insomma, in questo mondo di pronipoti di Sua Maestà il Denaro.

Ma i ragazzi di San Patrignano?

E in tutte queste “beghe” da salotto televisivo pomeridiano e in questi scontri in cui al centro sono sempre i soldi e il potere, ovviamente a rimetterci sono sempre quelli che di soldi e di potere non ne vedono: i ragazzi e le ragazze di San Patrignano. Un ragionamento sulle modalità del recupero dalla tossicodipendenza meriterebbe non solo un altro articolo giornalistico, ma un’intera inchiesta di pagine e pagine. Quello che è certo, è che anche chi è convinto che una struttura come quella di Sanpa possa davvero aiutare chi ha problemi di droga, ora può avere dei dubbi. Nella mente di chi gestisce e chi finanzia la comunità, c’è l’idea di voler aiutare delle persone in difficoltà o l’urgenza di guadagnare (o quantomeno non perdere) denaro e potere?

di Luca Romeo