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 Alfabetismo tradizionale o digitale? Quanto in un mondo digitalizzato come quello attuale il libro cartaceo e il sistema che vi ruota attorno sono ancora validi?

Fahrenheit 451

 Ray Bradbury negli anni ’50 uscì con un libro lungimirante, Fahrenheit 451, raccontando di un futuro in cui tutti i libri sarebbero stati bruciati dai governi per addomesticare gli esseri umani, accusati del “reato di lettura” quale inutile fonte di informazione.

Evidenziò un probabile rischio che poi si avverò: l’uomo si troverà in balia dei media, schiavo della tecnologia, assassinato nella sua libertà di pensiero, e solo i libri, la cultura e la conoscenza saranno la sua via di fuga, le uniche armi per annientare l’invisibile tirannia moderna che opprime la sua esistenze.

«La nostra civiltà sta disperdendo se stessa. L’importante è sapersi tenere lontani dalla forza centrifuga che la distrugge». Decisamente anticipatore dei tempi e di alcuni tratti salienti della vita moderna in cui l’avvento della tecnologia e i mass media hanno cambiato il modo di pensare dell’uomo, i suoi sentimenti.

Lettori e scrittori

Scrive Pennac: «La virtù paradossale della lettura è quella di astrarci dal mondo per trovargli un senso» (Come un Romanzo, 1992). Benissimo, che lettura sia.

Anche se di lettori ce ne sono sempre meno e per assurdo si espande a macchia d’olio il numero degli scrittori. Pare che almeno un italiano su due abbia nel cassetto un romanzo da pubblicare, e oggi più che mai basta navigare su internet per trovare i siti che ne permettono la pubblicazione e vendita, senza seguire la trafila classica che pone sbarramenti severi a monte del processo.

Questa tendenza riflette lo stile di vita moderno fatto di immediatezza e velocità, dove tutto invecchia all’istante e domina l’attitudine a riempire i tempi morti. Ecco che la scrittura prende il sopravvento sulla lettura: da una parte si produce, dall’altra si riflette. Attività, questa, che richiede il coraggio di fermarsi in un mondo che corre, regalandosi del tempo senza pensare che sia perso.

Non trascurabile sicuramente anche l’atteggiamento dell’uomo moderno, più concentrato a porsi come attore protagonista, preoccupato ad aggiornare gli altri in tempo reale dei suoi spostamenti e cambiamenti, e curioso delle vite altrui, ma indifferente agli approfondimenti, all’interiorizzazione, alla riflessione.

Cambiamenti nel mondo editoriale

“E così vorresti fare lo scrittore?” chiede ad un immaginario interlocutore Giuseppe Culicchia (riprendendo la celebre raccolta di poesie di Bukowski), analizzando con disincantato cinismo la filiera del libro. Forse quale amara risposta all’intesa siglata a inizio agosto tra i vari interlocutori del sistema editoriale (Governo e Federazioni varie di giornalisti, editori, edicolanti) per sostenere e rilanciare il settore, alla luce di uno scenario incerto e complesso – determinato dai processi di digitalizzazione – che impone un cambio di prospettiva: favorire nuovi modelli di produzione e fruizione dell’editoria accanto alle sue forme tradizionali. C’è un unico dettaglio che è stato trascurato in questa analisi economico-finanziaria del mercato editoriale: il fruitore finale, ovvero il lettore.

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Gli aspetti democratici

Se da una parte è vero che gli ordinari canali e strumenti editoriali rischiano di penalizzare il pluralismo dell’informazione, senza peraltro garantire processi di razionalizzazione e ottimizzazione del lavoro, dall’altra non ci si può nascondere che anche il libro è finito ormai nel frullatore globale dell’era consumistica, che tritura ogni ingrediente della società per conformarlo ai dettami del consumismo in senso stretto – immettere a comando sul mercato quanti più prodotti possibili – e in senso lato, in termini di consumo, inteso come fruizione. La lettura per diffondersi democraticamente necessita del libro cartaceo, accessibile a tutti perché disponibile in biblioteca, o con il book-crossing o a prezzi più o meno contenuti in libreria.

La scrittura, invece, per dare voce a tutti quanti hanno qualcosa da dire trova nelle tecnologie gli strumenti più democratici e immediati, oltre che variegati a seconda delle tipologie di messaggio.

I pro e i contro

La lettura su carta, e questo ogni Lettore con la L maiuscola lo sa, implica un rituale che il digitale ignora completamente: la scelta del titolo, spesso influenzata dalla copertina e/o dalla casa editrice, il profumo del materiale e la tangibilità che ne coglie la varietà, il ritagliarsi un momento extra per prendere in mano il libro e magari una matita, a sottolineare le frasi che lo hanno colpito di più, i passaggi in cui si è immedesimato (e sicuramente una lettura più rilassata e riposante di un testo a video che sforza maggiormente l’occhio).

Per non parlare dell’arredo di cui i libri sono complemento, emanando per osmosi tratti ben distinti di chi vi abita (spessore culturale, tendenze di pensiero, stile di vita). Pertanto anche la scrittura su carta dovrebbe tenere conto di questa attitudine, che di primo acchito si vorrebbe relegare ad una tradizione vintage, perché discordante dalla prassi moderna, ma in verità sottolinea un volta di più la libertà di scelta e movimento.

Il mondo digitale, al contrario, è vincolante: sembra dover sottostare a meno obblighi, ma solo all’apparenza. Tralasciando tutto quanto necessario per poter utilizzare l’hardware, fisso o mobile, grande o piccolo che sia, la tecnologia è più assoggettabile alle mode, di cui ne riflette i cambiamenti repentini proprio per la sua immediatezza di produzione e fruizione. Richiede di stare sempre all’erta e sul pezzo, impone uno stile conciso, immediato, semplice, e si avvale delle reazioni a caldo, senza concedere ripensamenti che non siano toppe.

Inoltre, invita alla copiatura e imitazione, e spinge al nozionismo, visto che ci sono a disposizione enciclopedie intere a portata di click. E nonostante i correttori ortografici, gli errori da biro blu e i refusi saltano comunque all’occhio, ma giustificandoli come errori di battitura non sono nulla al confronto delle scelte stilistiche semplicistiche (traslate senza mezzi termini dalla lingua parlata e della più stentata) e dei vocaboli tutt’altro che ricercati. Insomma, non certo letteratura, semmai lettura.

Alla luce di tutto ciò un unico invito: leggere, leggere, leggere. Qualsiasi cosa. Comunque. Arrogandosi il diritto di leggere – ma anche di non leggere, di rileggere e di spizzicare. Con l’allenamento verrà anche il discernimento qualitativo. Questo è il primo passo verso una costruzione matura e consapevole del sé, capace di ritagliarsi il proprio posto in una società in continua evoluzione, che calpesta, travolge o scarta tutto ciò che intralcia. La lettura è una compagnia che non prende il posto di nessun’altra, ma che nessun’altra potrebbe sostituire.

 di Chiara Collazuol