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(foto fonte web)
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Negli ultimi anni l’apporto delle Neuroscienze si è rivelato di notevole importanza per approfondire la conoscenza dei comportamenti umani. Studiare la fisiologia del cervello, infatti,  è utile a comprendere il determinarsi di certe nostre attitudini e atteggiamenti.

In Neuroscienza e in Psicologia, la memoria è la capacità del cervello di conservare le informazioni.

Nello studio della memoria possono essere utilizzati sia metodi diretti, ossia prove di rievocazione (libera, seriale e guidata) e prove di riconoscimento, che metodi indiretti, ossia compiti cognitivi che non testano direttamente la memoria, ma il cui risultato dipende dal livello di funzionamento di questa.

Memoria e comportamento

Gran parte dell’odierna conoscenza sulla memoria è derivata dallo studio clinico dei disturbi delle funzioni mnestiche, anomalie che si possono rintracciare in varie sindromi, malattie congenite o degenerative, quali ad esempio l’afasia, la malattia di Huntington, il morbo di Alzheimer e il morbo di Parkinson.

Ma come la memoria può incidere sul comportamento? Già nel 2009 ricercatori dell’università  di Nottingham, nel Regno Unito, si erano prefissi di definire quali parti del cervello siano responsabili di quali tipi di memoria. I presupposti erano basati ad esempio sul fatto che un compito ripetitivo come guidare la macchina per andare al lavoro richiede un tipo diverso di memoria rispetto a stare davanti al frigorifero cercando di ricordarsi cosa si voleva prendere o a chiedersi dove si sono messe le chiavi.

Il team di ricerca aveva concentrato le proprie indagini sull’ippocampo, una parte del cervello a forma di banana sotto il lobo temporale, arrivando a definirlo come il responsabile dell’ “attivazione delle cellule di posizione” e quindi l’organo avente come proprietà proprio l’abilità  di collegare la memoria a posti specifici.

Tuttavia fino ad ora, il come questa memoria ippocampale sia tradotta in comportamento non ha ricevuto molta attenzione.

Studi americani

È solo recente infatti, appena un mese fa, la notizia che uno Studio americano condotto dai ricercatori della Montclair State University nel New Jersey e recentemente pubblicato su “Plos One”,  ha dimostrato che il gesto di stringere i pugni aumenterebbe la possibilità di incamerare ricordi.

L’esercizio consisterebbe nello  stringere il pugno con la mano destra per memorizzare le cose, e stingere il pugno con la mano sinistra invece  per ricordarle.

I ricercatori hanno suddiviso i partecipanti in 5 gruppi. Il primo doveva stringere la mano destra per 90 secondi prima di memorizzare una lista di 72 nomi, e successivamente fare lo stesso prima di ricordarli. Il secondo gruppo doveva compiere le stesse azioni ma con la mano sinistra, il terzo e il quarto gruppo dovevano invece alternare le due mani. Era presente inoltre, un gruppo di controllo che ha avuto il compito di memorizzare e riportare alla mente la lista senza stringere i pugni.

Risultati

Secondo i risultati ottenuti, le performance di chi aveva stretto la mano destra per favorire il processo di memorizzazione, e la sinistra prima di ricordare la lista, era nettamente superiore rispetto a quella degli altri gruppi, compreso il gruppo di controllo, anche se con quest’ultimo il risultato riscontrato era statisticamente non significativo.

Dai risultati si evince che l’effetto sulla memoria che si ottiene dalla stretta dei pugni potrebbe essere dovuto all’attivazione di specifiche regioni del cervello che sono associate alla formazione della memoria.

La ricercatrice Ruth Propper, spiega che “dalla ricerca si evince come alcuni semplici movimenti del corpo, modificando temporaneamente le vie cerebrali utilizzate, possano migliorare la memoria. Future ricerche esamineranno se stringere i pugni può migliorare altre forme di cognizione, per esempio delle capacità verbali o spaziali”.

Come tengono a sottolineare i ricercatori, è necessario che le ricerche vadano avanti per verificare se sia possibile ottenere gli stessi risultati già avuti con la memorizzazione delle parole anche con stimoli visivi come ad esempio ricordare un volto, o spaziali, come ad esempio ricordare dove erano le chiavi di casa. Il tutto, nell’attesa che le categorie politiche di “destra” e “sinistra” non escano troppo stravolte dalle ultime vicende elettorali, quantomeno per non perderne memoria.

di Francesca De Rinaldis