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Presi dall’ «urgenza appassionata dell’adesso», la politica e, in generale, il discorso pubblico del nostro Paese dimenticano spesso di assumere sguardo e respiro tali da incontrare le tendenze di fondo su cui si muove la società, gli umori e gli istinti che la innervano, i modelli che la ispirano, il pensiero di cui si nutre.

 Una giornata come quella di oggi può utilmente spingere in questa direzione: nella ricorrenza della nascita  del Mahatma Gandhi, indimenticabile animatore di movimenti per la pace, quali strumenti collettivi di liberazione e di giustizia, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, con Risoluzione A/RES/61/271 del 15 giugno 2007, «tenendo presente che la nonviolenza, la tolleranza, il pieno rispetto di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali per tutti, la democrazia, lo sviluppo, la comprensione reciproca e il rispetto per la diversità sono interconnessi e si rafforzano a vicenda» e «riaffermando la rilevanza universale del principio della nonviolenza, e desiderosa di assicurare una cultura di pace, tolleranza, comprensione e nonviolenza»,  ha proclamato la Giornata Internazionale della Nonviolenza.

 L’Italia, che ha dato i natali ha tanti campioni della pace, da Giorgio La Pira ad Aldo Capitini, da Alexander Langer a Ernesto Balducci, che ogni due anni circa promuove tra le più significative manifestazioni in tema, la Marcia Perugia-Assisi, ha da dimostrarsi pienamente consapevole della necessità che una cultura della nonviolenza, intesa non come «inerte e passiva accettazione dei mali esistenti», ma quale mezzo comune di affermazione di diritti e di ideali di giustizia, uguaglianza, tolleranza, operi e fecondi un mondo dove ancora convivono grandi prevaricazioni e conflitti montanti; il mancato rispetto di diritti umani, civili, politici, economici, sociali e culturali, guerre aperte per ragioni etniche, politiche e religiose, le tante barriere poste al dialogo, il rinascere di nazionalismi ed estremismi, anche in Europa, le drammatiche sacche di bisogno, miseria ed emarginazione, l’esigenza di una conversione ecologica dei sistemi produttivi e degli stili di vita, la presenza asfissiante delle mafie, tensioni geopolitiche crescenti sono sfide la cui risoluzione non è possibile senza che ci si armi di una quanto più  diffusa condivisione dei valori che informano le migliori Costituzioni nazionali e le fonti del diritto internazionale dei diritti umani.

 La Sinistra, in particolare, senza cedere ad uno sterile umanitarismo e pur consapevole delle responsabilità che il governo comporta, non può non improntare i suoi obiettivi di progresso ad una visione che metta al centro la dignità della persona e il concetto di indivisibilità dei diritti. E questo è valido a tutti i livelli istituzionali e di fronte a tutte le prove che la politica si trova davanti; da quelle globali  (la necessità di assicurare cibo ed acqua al miliardo e più di persone al mondo che ne è privo, il  tema della sostenibilità ambientale ed energetica, la promozione del “decent work”, la diffusione dei beni comuni, il rafforzamento della governance mondiale, la lotta alla criminalità, l’impulso da dare al “fair trade”) a quelle di dimensione nazionale ( l’ampliamento della cittadinanza, l’investimento nell’educazione e nei sistemi di istruzione, il taglio alle spese militari, il sostegno al Terzo Settore e alle istituzioni che diffondono la cultura della pace, in Italia il Servizio Civile Nazionale su tutti e i forum, i movimenti, le associazioni impegnate in questo ambito, Rete Disarmo, Movimento Nonviolento, Sbilanciamoci, Tavola della pace, Unimondo e tante altre– non va in questo senso la soppressione del comitato Dcnan – e, infine, il  supporto alle Organizzazioni Non Governative, “la cooperazione internazionale è la forma più alta e nobile di politica estera” ha detto ieri il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano).

  Per non dimenticare, in conclusione, le pesanti incognite che si pongono davanti al percorso di integrazione europea e le preoccupazioni riguardo al senso di solidarietà che lega oggi  i Paesi dell’Unione; come ricorda Adriano Sofri, in un tempo in cui gli “Stati virtuosi” segnano a dito i Pigs, risuona profetica l’esortazione di Alexander Langer: «Adottiamo l’Albania! ».

 di Michele Masulli (Esecutivo nazionale dei Giovani Democratici)