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La rubrica “E’ agghiacciante!” è alla sua prima uscita e trae ironicamente spunto dall’ormai celebre frase del c.t. Antonio Conte proferita durante una conferenza stampa, resa ancora più celebre dall’imitazione del comico Maurizio Crozza.

Così come lo sarà per le prossime uscite, la rubrica è un breve sguardo sui fatti “agghiaccianti” della settimana, quest’ultimi a metà fra stupore e ilarità.

Il primo numero non può che andare alla coppia Giuliano Amato-Francesco Rutelli per le reciproche affermazioni dell’ultima settimana.

Ma che idea! 
L’agghiacciante settimana inizia proprio con l’ex Presidente del Consiglio, Amato, che nel dibattito sugli “esodati” entra a gamba tesa in scivolata. “Un trentenne eletto in Parlamento – riflette Amato -, dopo due mandati cioè a quarant’anni, che cosa dovrebbe fare mentre aspetta di compiere i sessantacinque?”.

Già, cosa dovrebbe fare? Ecco la grande idea: anticipare di due anni vitalizio a chi non ha ancora raggiunto i 65 anni e che non viene rieletto. Un tocco da maestro, non c’è che dire. L’anziano cuore di Amato (in nome omen) soffre in questi giorni per la triste situazione dei suoi colleghi più giovani che, in effetti, oltre che stare in Parlamento con sporadiche votazioni, non si intravede cosa saprebbero fare in alternativa.

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La concorrenza rutelliana   
Invidioso del sempre-verde Giuliano Amato, il giorno successivo anche Francesco Rutelli ha ben pensato di darsi da fare per non restare indietro. In settimana si è votato il testo che sancisce le pene sulla diffamazione.

Quando è il suo momento, prima delle dichiarazioni di voto (rigorosamente segreto), Rutelli dà il meglio di sé. Chiede ai colleghi di non dimenticare che in ballo c’è l’onore delle persone, il rischio di essere infangati senza essere adeguatamente ripagati da una pena accettabile.

In pratica, il solo fatto di essere condannato, per un giornalista, non basta; avere torto vedendo smentito dalla giustizia italiana il proprio lavoro e capacità, non è sufficiente. E’ necessario incutere paura, intimorire, spostare la decisione non più sulla professionalità del giornalista, bensì sulle possibilità economiche di quest’ultimo (e della redazione relativa).

Il bello è che l’appello rutelliano viene da un ex uomo dell’area radicale, la quale ha sempre fatto della “lotta al potere costituito” il proprio cavallo di battaglia.

Almeno un anno, che vuoi che sia

“Abbiamo votato un emendamento ineccepibile – insiste Rutelli il giorno successive sulle pagine de <Il Fatto Quotidiano> – credo sia una delle leggi più favorevoli alla stampa che esistano in Europa. […] Riduce la previsione del carcere di 6 volte: fino a 1 anno; e rende questa misura alternativa a quelle pecuniarie.

Non la si vuole? Resterà, come oggi, il carcere, ma da 1 a 6 anni, più le sanzioni pecuniarie!  […] Tutti sanno che, in 60 anni, un solo giornalista, Giovanni Guareschi, è finito in carcere: i magistrati non hanno, saggiamente, inteso comminare il carcere anche in casi molto gravi”.

Insomma, la politica non ha saputo generare nient’altro che una legge quasi copia di quella precedente. La pena più dura e umiliante, quella del carcere, deve restare e resterà. Tanto, cari giornalisti, male che va vi spetterà “solo” un anno di carcere (almeno).

Un anno, come fossero bruscolini, sempre che il giudice sia in vena di sconti di stagione; e viste anche le condizioni impietose delle carceri italiane, sovraffollate e in preoccupanti condizioni igieniche.

E pensare che Rutelli si presentò come candidato Premier per garantire la piena libertà d’informazione contrapponendosi alle politiche berlusconiane considerate “restrittive”: è agghiacciante!

 

di Pasquale Ragone