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“Scorciatoie del pensiero”
Associare il nome di una donna a quello di un’assassina seriale comporta uno sforzo non indifferente per l’immaginazione di ognuno di noi. Alcuni psicologi sociali definirebbero tale tendenza come il ricorrere ad una “scorciatoia di pensiero” definita come: “ euristica della disponibilità”. Intendendo con questo la probabilità alta, che nella nostra memoria siano disponibili maggiormente storie di omicidi plurimi riconducibili ad autori maschili.

Alcuni penserebbero che è innata, nell’individuo, la concezione che la donna sia per antonomasia fonte di vita e mai di distruzione. I cultori della criminologia invece sostengono che la follia omicida non possa essere un fattore di genere. La storia di Leonarda Cianciulli, meglio nota come “la saponificatrice di Correggio”, lascia perplessi anche per questo.

La vita..
Nasce a Montella nel 1893, non vive un’infanzia felice, tenta due volte il suicidio. Nel primo caso sopravvive perché scoperta in tempo, nel secondo cede la fune con la quale aveva deciso di impiccarsi.

Ha un rapporto difficile con la madre, a tal punto da sentirsi da lei rifiutata da essa.  A 21 anni sposa un impiegato al catasto e si trasferisce a Correggio, il trauma del rifiuto si ripete. La suocera non accetta che sia lei a sposare il figlio e cosi alla vigilia delle nozze le augura ogni male.

Il matrimonio rappresenta un altro fallimento per la Cianciulli, il marito ormai alcolizzato la lascia sola con i figli. Gli omicidi iniziano nel 1938 e si protraggono fino al 1940,anno del suo arresto. Muore 24 anni dopo nell’ospedale criminale.

Gli omicidi…
Le vittime accertate sono tre donne:

  • Ermelinda Faustina, settantenne, recatasi in casa della Cianciulli con la speranza di ottenere una profezia che potesse farle trovare marito.
  • Francesca Soavi, un’insegnante d’asilo che auspicava di trovare lavoro presso il collegio  femminile di Correggio.
  • Virginia Cacioppo, un soprano di successo che desiderava un posto di lavoro prestigioso a Firenze. Di  lei Leonarda  diceva: “Finì nel pentolone come le altre due, ma la sua carne era grassa e bianca, Ho potuto ricavarne ottime saponette. Anche i dolci furono migliori,quella donna era proprio dolce.”
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Il modus operandi:
Le uccideva con “armi bianche” facilmente reperibili in casa, smembrava i cadaveri con l’ascia. Successivamente bolliva i corpi con soda caustica portata a 300 gradi, miscelando con allume di rocca e pece greca otteneva saponette. Conservava il sangue lo faceva attecchire al forno e mischiandolo al latte e al cioccolato realizzava biscotti.

Questi venivano fatti mangiare dai suoi figli come “elisir” contro la morte. Il sangue serviva per renderli immortali e in questo si rispecchiava nella dea Teti che sempre per lo stesso fine immergeva i suoi pargoli nel fiume Stinge. Dopo essersi disfatta del cadavere delle sue vittime, la saponificatrice si appropriava del denaro che portavano con esse.

La vicenda giudiziaria:

Durante il processo, iniziato nel 1941, si assiste ad un interessante dibattito tra l’imputata e l’accusa.

Accusata di aver premeditato gli omicidi e di aver agito spinta dall’avidità del denaro delle sue vittime, la Cianciulli si giustifica dicendo: “Non ho ucciso per avidità, ma solo per salvare i miei figli”. Viene dichiarata la seminfermità e per questo condannata a scontare 24anni di reclusione e 3 anni di manicomio criminale, rispondendo dei reati di : omicidio, furto, vilipendio dei cadaveri.

Successivamente per la continuità del reato gli anni di reclusione diventano 30 e accertata la pericolosità sociale, non uscirà mai più dal OPG, muore infatti lì 24anni dopo la condanna

 L’Analisi criminologica
La maternità: Tutta la vita della saponificatrice ruota attorno al concetto di maternità . Da piccola percepisce il suo essere una figlia non voluta, nel memoriale  racconta che durante i tentativi di suicidio,la madre sia stata scontenta della sua sopravvivenza.

La percezione di odio si concretizza quando, sempre stando a quanto scritto da lei, in punto di morte la madre le abbia augurato un’esistenza caratterizzata da violenza e sangue. Sfuggire a questa maledizione diventa per Leonarda un’ossessione, gli omicidi commessi rappresentano i sacrifici da offrire alla madre ormai defunta, affinché quest’ultima non possa vendicarsi.

Il bene più prezioso che la seriale vuole tutelare ad ogni costo sono i suoi quattro figli, ottenuti dopo 13 gravidanze non andate a buon fine: 3 aborti spontanei e 10 neonati morti nella culla.

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La magia…
Un’altra parola chiave gioca un ruolo importante in questo macabro rebus :“magia”. Un elenco infinito di sortilegi, maledizioni profezie, scuotono l’animo della killer, rappresentano un percorso ad ostacoli da scongiurare a tutti i costi.

Il sangue e i resti delle sue vittime saranno utilizzati per ideare “antidoti” per esorcizzare il male. Allo stesso tempo però, utilizza le pratiche magiche per costruire la sua reputazione di cartomante e veggente presso la popolazione di Correggio. E’ proprio questa nuova “professione” che le consente di adescare le sue vittime che si recano in casa sua per ottenere benefici.

Nonostante i fatti risalgano a tempi lontanissimi, gli studiosi che hanno esaminato il caso in questione sono giunti tutti a tracciarne il medesimo profilo. La lucidità con la quale la saponificatrice agiva, escludono la totale infermità mentale. Presente in grande misura è un disturbo”  istrionico e narcisistico di personalità” con tratti sadici, schizzoidi  e paranoidi.

Il rifiuto della madre ha generato un comportamento antisociale e ha favorito lo sviluppo di un complesso di inferiorità. Per colmare tale sentimento si innescano atteggiamenti prettamente narcisisti.

Leonarda si sente appagata nel momento in cui riesce a conquistare la stima di quelle che saranno poi le sue vittime, il tutto accompagnato da un desiderio di onnipotenza. Si pone al di sopra del “fato”, della cattiva sorte che sembra temere tanto, ma che in realtà continua a sfidare costantemente. Crede,attraverso i sacrifici umani, di poter arginare la morte, proprio come nella mitologia,  potrebbe fare solo una Dea.

di Roberta della Torre