(foto fonte web)

(foto fonte web)

Spread the love
(foto fonte web)
(foto fonte web)

“Yet it is not the noise or motion itself that is dreaded. The disturbance comes from the noise or motion that intrudes itself, or threatens to intrude itself, upon the child’s aloneness.”

Leo Kanner 1943

Quanti di noi almeno una volta nella vita quando hanno sentito parlare di autismo, non hanno fatto a meno di pensare alla splendida interpretazione di Dustin Hoffman del personaggio Raymond Babbitt, protagonista affetto da autismo del film “Rain Man”. Sicuramente chi ha avuto la possibilità di vedere questo film, ha potuto comprendere almeno in minima parte, cosa significhi essere affetti da questo disturbo che insorge durante la fase dello sviluppo e si manifesta con caratteristiche estremamente variabili da bambino a bambino.

Non a caso l’eterogeneità che si trova alla base dell’autismo, ha condotto negli ultimi anni a mettere da parte il termine più generico autismo, preferendo di gran lunga parlare di “disturbi dello spettro autistico”, poiché ogni bambino o adulto che risulta affetto, presenta delle caratteristiche con cui tale disturbo si manifesta, che sono probabilmente diverse da quelle che si riscontreranno in un altro bambino o adulto affetto dallo stesso disturbo.

La parola “autismo” deriva dal greco “autos” il cui significato è “sé”, termine che deve la sua origine agli studi condotti dallo psichiatria infantile Leo Kanner, il quale osservando e descrivendo casi di bambini che mostrano particolari deficit dello sviluppo, riuscì ad identificare e mettere insieme delle piccole parti che compongono questo complesso puzzle (Kanner, 1943).

(foto fonte web)
(foto fonte web)

Era il 1943 quando Kanner, osservando 11 casi di bambini (nove maschi e due femmine) che presentavano dei disturbi dello sviluppo, rimase colpito dall’assoluta tendenza all’isolamento, così forte tale da creare un disinteresse quasi completo del mondo circostante per scegliere quindi di rifugiarsi nel loro mondo interiore. Questa forte tendenza all’isolamento creava in questi bambini anche dei severi deficit sia a livello comunicativo che affettivo, portandoli ad evitare ogni forma di contatto fisico con le persone che gli erano accanto.

Dalle descrizioni dei primi casi identificati da Kanner ai nostri giorni, la ricerca sul fronte dell’autismo si è estesa enormemente determinando fattori sia genetici che ambientali che insieme contribuiscono all’insorgenza dell’autismo, e continua tuttavia ad evolversi in molte direzioni. Ciò che accomuna i diversi approcci che confluiscono determinando cosa sia realmente l’autismo, è la convinzione che questo disturbo non sia più erroneamente identificato come una condizione di deficit bensì di diversità: il cervello di un bambino autistico infatti, presenta un’organizzazione differente dal punto di vista strutturale rispetto a quello di un bambino normale, il che lo porta ad interpretare in maniera la realtà, con tutti gli aspetti di percezione delle informazioni, delle emozioni e sensazioni che ne derivano (Tratto da Mente & Cervello).

 

Alessia De Felice

Frith U. “L’autismo, spiegazione di un’enigma.” Ed. Laterza 2009

Mente & Cervello, “Autismo. Un’altra mente.” Editoriale Novembre 2012

Kanner L.  “Autistic disturbances of affective contacts.” 1943