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E’ufficiale, il 28 febbraio prossimo alle ore 20.01, ci sarà lo stato vacante della sede petrina. E’come se il Papa a quell’ora morisse annunciando la sua scomparsa al mondo intero tempo prima, quasi volendo attutire il colpo, così come farebbe un padre, per non far soffrire i propri figli.

Una notizia, quella del’11 febbraio scorso, che ha sconvolto l’intera cristianità. Dubbi, incertezze, perplessità hanno travolto i milioni di fedeli sparsi per i vari Continenti. Per molti un atto di codardia, andando via nel momento di maggiore bisogno; per altri indotto dalla vicenda controversa fra cardinali e curia romana, certi affermano che sia per depressione o sconforto; per la maggior parte invece un gesto paterno, di chi ha deciso che la barca di Pietro debba essere presa in mano da qualcuno che abbia le forze e lo spirito giusto per “levare le vele” e partire lontano dai porti sicuri, qualcuno che abbia la capacità di amministrare bene il ministero affidato dallo Spirito Santo.

Il Sommo Pontefice afferma che lo spirito della Chiesa è malato, è che un gesto come il suo, dimissionario, oltre che di grande umiltà, è un modo per vincere la morte con la vita, assumendosi le responsabilità prima che la natura faccia il suo corso, nonostante i tanti  smarrimenti sul futuro, che tale decisione porta con sé. Benedetto XVI ha deciso di essere un rivoluzionario, così facendo ha cambiato le “carte in tavola” di un’intera storia, tirandosi dietro inimicizie, ironie e critiche, ma coerente con il compito affidatogli sin dal giorno del suo battesimo, ha imitato Cristo “scomodo e rivoluzionario” .

Atto inevitabile per la salvezza della sua amata Chiesa e del messaggio di Gesù a lui affidato.

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«Egli è stato trafitto per i nostri delitti, schiacciato per le nostre iniquità. Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui; per le sue piaghe noi siamo stati guariti» (Isaia 53,5).

Suona quasi profetico questo versetto di Isaia. La morte che avrebbe dovuto subire sarebbe servita a portare alla salvezza i tanti Suoi figli smarriti, nelle tenebre del male. Proiettata alla vicenda di Papa Ratzinger, si potrebbe interpretare in egual modo. E’ da quasi mille anni che non accadeva un avvenimento simile.

Perché proprio ora? Perché in un’era segnata da morte, violenza, peccato e strazio? Perché in un secolo caratterizzato dalla sporcizia presente nei sacri palazzi? Perché in un corpo quale, quello della Santa Madre Chiesa, afflitto e malato, come la sua guida? La morte sebbene non fisica, ritorna sempre, quasi come emblema, sentore, premeditazione di qualcosa, innovamento o fine? Se fosse come per quest’ultimo caso, la profezia di San Malachia, secondo la quale Benedetto XVI, sarebbe il penultimo successore di Pietro,  non sarebbe poi tanto lontana e leggendaria.

Ad ogni modo ciò che bisogna fare, è  aspettare che il Conclave si riunisca e nel giorno della fumata bianca vedere chi sarà ad affacciarsi alla finestra dopo l’“Habemus Papam”, probabilmente molti dal nome e dal colore della pelle, di colui al quale sarà affidato il ministero petrino, avranno delle risposte molto esaustive.

 

di Vito Franco