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(foto fonte web)
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L’attesa è finita: Jorge Mario Bergoglio è Papa Francesco I. Argentino, 76 anni, gesuita, primo sudamericano Papa e sobrio nel presentarsi ai fedeli dinanzi una Piazza gremita, in trepidante attesa per un’ora sin da quando la fumata bianca, alle 19.06 del 13 marzo 2013, ha comunicato l’avvenuta elezione.

Al momento della proclamazione c’eravamo anche noi di Altriconfini.it, registrando lo stupore della gente non appena il nome del nuovo Pontefice è risuonato dagli amplificatori di Piazza S. Pietro.

Dapprima un leggero boato di evidente delusione per una folla che attendeva almeno uno dei grandi nomi sentiti nei giorni pre-Conclave. I tanti italiani accorsi per l’evento attendevano il ritorno di un connazionale. E invece, ecco la sorpresa: “Bergoglio chi?”, “qual è il nome del nuovo Papa?”, “di che nazionalità è?”.

Trait d’union fra poveri e Istituzione?
L’evidente smarrimento degli accorsi è forse l’emblema di un possibile cambio di passo nella storia della Chiesa. Ma la prudenza è d’obbligo.

Jorge Mario Bergoglio era l’Arcivescovo di Buenos Aires, abituato a muoversi fra un povertà rilevante e i governi, perlopiù militari, che per decenni hanno guidato l’Argentina.

E’ questo che rende emblematica la scelta di Bergoglio: da una parte il desiderio di spezzare quella catena che aveva portato gli europei (e ancor più gli italiani) a gestire il governo della Chiesa; dall’altra l’intenzione di “sfruttare” l’abitudine di Bergoglio a comunicare con i poveri senza trascurare le relazioni con il potere.

Il potere        
Dalle prime pagine di stamani, ciascun quotidiano ricorda i difficili rapporti di Bergoglio con i governi Kirchner (2003-2007), la sua contrarietà ai matrimoni gay ma anche un’opposizione considerata troppo “morbida” nei confronti di Videla (1976-1981) dinanzi le palesi violazioni dei diritti umani perpetratasi per troppi anni (la questione dei “desaparecidos” è ancora una ferita aperta per tutta l’America latina).

Definire Bergoglio sottomesso al potere militare sarebbe un errore e in queste ore ci si augura che non vengano mosse critiche precostituite contro un Papa che, per la prima volta, si è presentato ai fedeli con una croce di ferro (e non di materiali ben più preziosi come i suoi predecessori) su un abito completamente bianco che ha visto il rifiuto della tipica “Mozzetta”, la mantellina rossa (indossata solo al momento della benedizione per poi essere nuovamente riposta).

Il nome scelto, “Francesco”, è poi fin troppo esplicito per non pensare che un ridimensionamento del concetto di “ricchezza” nella Chiesa sarà uno dei punti centrali del suo pontificato.

(foto fonte web)
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Cosa attenderci

Temi etico-sociali      
Povertà, dunque, ma non può essere certo l’unico pilastro di un intero papato. La vera attesa del mondo è nell’atteggiamento che avrà la Chiesa dinanzi i grandi temi etico-sociali che la modernità pone.

In merito a come comportarsi dinanzi le unioni gay, Francesco I ha già le idee chiare: nessun matrimonio verrà concesso. Quantomeno è stata questa la posizione che l’ha reso un caposaldo della cattolicità nell’intera Regione sudamericana. Ma restano sul piatto problematiche notevoli come il “fine vita” e la contraccezione. Forse anche lì non dovremmo attenderci chissà quali cambiamenti epocali.

Tematiche interne alla Chiesa cattolica        
Probabilmente la chiave di lettura dell’elezione di Bergoglio è da porre in strettissima relazione alle difficoltà interne della Chiesa odierna. Francesco I è stato eletto per risolvere i troppi diverbi ecclesiali nella gestione della finanza cattolica. Era stata quella la ragione fondante delle dimissioni di Ratzinger ed è ancora questo il tema caldo che tiene banco.

Non dovremmo attenderci una futura “Chiesa povera” ma almeno più trasparente, quantomeno agli occhi del mondo. “Trasparenza” significa maggiore controllo interno dei sistemi che rendono la Chiesa stessa un “porto sicuro e segreto” per chi vi deposita il proprio denaro; significa doversi scrollare di dosso l’immaginario di una Istituzione considerata troppo affarista; e significa soprattutto investire danaro vaticano in quelle zone del mondo dove la cristianità rischia di sparire massacrata da governi poco attenti alle esigenze religiose di una fetta importante del popolo; così come puntare su altre zone del mondo dove invece il fermento cattolico è forte e va aiutato a svilupparsi.

In quest’ottica dovremmo forse attenderci, in dose molto minore, una sorta di sforzo “woijtiliano” così come accaduto ai tempi della lotta contro il dominio Urss: finanziamenti utili ad abbattere il muro che imprigiona Paesi che sono un potenziale importante per ridare slancio alla Chiesa e alla sua immagine nel mondo.

E tutto ciò è figlio di un fallimento, quello della nostra cristianità appesantita da troppo benessere. Ora la storia guarda altrove. Un nuovo cambio di passo, dunque: ecco cosa attendere da questo Papa che ha già 76 anni e dovrà quindi ben concentrare le proprie energie per gli scopi prefissati.

Concludiamo quindi con un augurio a Francesco I, quello di rendere davvero la Chiesa un esempio di sacrificio e di lungimiranza nel segno dell’umiltà e della povertà, chiudendo un’epoca per aprire nuove e significative pagine di storia.

di Pasquale Ragone