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Toglieteci tutto, ma non la pornografia.

Il contestatissimo divieto ai video osé nei mass media, non s’aveva da fare e non s’è fatto: mai un intervento popolare è stato così utile – si parla di centinaia di migliaia di mail di protesta rivolte agli uffici del Parlamento Europeo – per fermare l’approvazione di una legge. Di che cosa si tratta? Dell’articolo 17 della ‘Relazione sull’eliminazione degli stereotipi di genere’, che prevedeva la cancellazione immediata del materiale pornografico da tutti i media dell’Ue, internet compreso.

Annusata la possibilità di un tale drastico intervento, il popolo della rete si è mobilitato come non mai, cominciando a spammare dissenso agli indirizzi mail dei palazzi alti di Bruxelles. Ed evidentemente a qualcosa è servito: la proposta di legge è passata in Parlamento, ma senza il provvedimento tanto caro ai cittadini, quell’articolo 17 che avrebbe determinato la fine del porno online.

Mentre crescono i dubbi sul fatto che l’azione di disturbo popolare sia stata effettivamente un’idea libera dei cittadini europei, oppure una mossa ben orchestrata dalle major del porno, arriva il primo passo indietro di una delle promotrici della relazione. “L’articolo 17 è il frutto di un errore di comunicazione – spiega l’olandese Kartika Tamara Liotard – il nostro obiettivo era quello di eliminare lo stereotipo della donna come oggetto sessuale nelle pubblicità” e non quindi di bandire i video a luci rosse dalla rete.

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“Nei media – si legge infatti sul testo della relazione dell’Ue, scritta da una commissione per i diritti della donna – c’è la forte tendenza nel vedere donne vestite provocatoriamente, in pose sessuali, contribuendo a garantire stereotipi di genere”. Un problema evidente anche nella televisione italiana, sdoganato e normalizzato negli anni Ottanta con programmi come Drive-In ed esasperato ai giorni nostri più che mai (in prima serata e perfino nel pomeriggio), anche solo con la figura della velina-letterina-valletta poco vestita e che non ha compiti da svolgere se non quello di apparire bella e ammiccante. Una mezza rivoluzione del format, si è ottenuta con il pre-serale L’Eredità, che ha per primo rinunciato alle gonne corte e alle bellezze mute, senza per questo perdere spettatori, anzi.

Vista da questa angolazione, la relazione presentata al Parlamento Europeo è ineccepibile, è un passo fondamentale verso i pieni diritti femminili e contro lo stereotipo della donna oggetto. Ben diverso dal togliere i contenuti pornografici dalla rete, provvedimento che in Europa potrebbe essere attuato solo dal governo islandese, l’unico che sta concretamente lavorando in questa direzione.

Ma un video pornografico, può essere considerato offensivo per il sesso femminile? Se si pensa che sia così, va inteso che le donne siano solo spettatrici innocenti e mai produttrici o consumatrici consapevoli. Non è di questo avviso Lorella Zanardo, blogger e co-autrice del (bel) documentario Il corpo delle donne: “La sessualità dei maschi è più semplice – ha scritto su Il Fatto Quotidiano – e a noi fa un po’ ridere. Le donne sono più sofisticate”. Come a dire che magari si cerca un prodotto diverso, ma ciò non significa che il materiale pornografico sia totale esclusiva maschile.

Come scrive il Corriere, alla notizia che l’hard non sarà bandito dalla rete, in tantissimi avranno segretamente tirato un sospiro di sollievo. Altri – probabilmente in pochi, forse in pochissimi – si staranno chiedendo se questo tipo di materiale possa risultare effettivamente offensivo per le donne. Proprio alle donne spetta l’ultima parola.

di Luca Romeo