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(foto fonte web)
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Se Giuseppe Villella, classe imprecisata (probabilmente fra il 1801 ed il 1809), di Motta S. Lucia (CZ), avesse immaginato che, da morto,  il suo cranio sarebbe diventato il feticcio su cui impiantare il seme dell’antropologia criminale, ci avrebbe solo riso in faccia.

E’ una storia incredibile, antica, per quanto terribilmente moderna, che abbraccia storia, filosofia, biologia, scienza criminologica, che si cercherà di descrivere in forma chiara e riassuntiva.

Anno 1944, dall’ Archivio di Stato di Catanzaro si desume che un contadino, per fame, ruba cinque ricotte, due forme di cacio, due pere e, recidivo, viene condannato. L’espiazione della pena la sconta nel 1863 nel carcere di Vigevano (PV) in piena Unità d’ Italia, dove muore l’anno seguente.  Qui, Lombroso, medico del tempo, si incrocia nel destino del contadino calabrese.  Vi è da dire che il medico veronese, ad Unità d’Italia, costituiva parte integrante dell’esercito sabaudo, inviato nel meridione per esercitare azioni di pulizia etnica, nella sua qualità di Ufficiale medico.

Lombroso, unitamente all’esercito sabaudo, studia le ‘conformazioni fisiche degli esseri calabresi’ consegnati dai militi, a bonifica sociale attuata in tal senso: rappresaglie , devastazioni, stupri,  espropriazioni delle ricchezze, istituzione del lager di Fenestrelle in Piemonte, dove i meridionali deportati ‘brindavano’ all’unificazione dapprima tremando nudi al freddo per poi essere gettati nella calce viva. E poi ancora altri numeri: 5.212 condanne a morte eseguite con la legge Pica, 6.564 arresti, 54 paesi espropriati, incendiati e rasi al suolo.

Inquadrato il contesto storico, per ovvie ragioni logiche come sopra accennato, non vi è fondato motivo che il Villella fosse un brigante, ma un ladruncolo, in quanto all’epoca era considerato ‘brigante’ chiunque si opponesse alla pulizia etnica dei Savoia del tempo. Pertanto, alla morte del contadino calabrese ( l’antropologa Maria Teresa Milicia in una sua relazione accurata delinea specificatamente una teoria di depistaggio sulla data di compilazione del verbale autoptico), il Lombroso, proteso ad esaminare il cervello del criminale, provvede alla decapitazione, svuotamento organi cerebrali, redigendo nell’apposito atto: “ Anomalia alla fossetta occipitale mediana, tipica di: cinedi, tribadi, lemuri, mammiferi, quadrumani, microcefali, idioti senza corpo calloso”.

Questa la misura del cranio riportata nel verbale: circonferenza mm 520, curva longitudinale mm 370, trasversale mm 320, diametro longitudinale esterno 196, lunghezza osso occipitale mm 122, lunghezza osso parietale mm 143, lunghezza osso frontale mm 120, spessore medio  mm 19, altezza verticale mm 138, frontale mm 111, bicipitale 130, longitudinale interno mm 188, biziogomatico mm 130, frontale mm 11, biparietale mm 135, peso del cervello grammi 1340. La diagnosi è chiara e viene fuori da sé: quell’anomalia genetica è la rappresentazione scientifica del delinquente nato che in virtù dei riferimenti agli esseri anzidetti, è destinato ad una regressione biologica, all’evoluzionismo ancestrale, al determinismo biologico che lo evolve ‘al contrario’. Nasce la teoria dell’atavismo e peggio ancora,dell’accostamento meridionale = criminale.

Da questo approccio viziato da tali teoresi, smentite successivamente dalla scienza, l’antropologia criminale, abbracciando fasi di post-illuminismo, si interseca con il positivismo, cospargendo con la pseudo-scienza, verità che vengono assorbite come certe. Incalzante, anche la politica attacca i meridionali e giustifica l’epurazione dei Savoia. Gramsci, su ‘ Ordine Nuovo, 1920: “ I meridionali sono una palla di piombo, ostacolano lo sviluppo italiano, sono biologicamente semibarbari per destino naturale, anche se la natura, di tanto in tanto, stempera la sorte matrigna con l’esplosione individuale di geni come palme solitarie in un arido e sterile deserto”.

Per fortuna, allora. Ma se Gramsci aveva dato una piccola chance ai meridionali, i giornali d’epoca restano implacabili: Lombroso ha ragione, il Sud Italia  è l’ Africa più nera che ci sia, abitata da criminali autentici le cui origini biologiche affondano nei meticciati preistorici dei negri quadrumani. Esplodono subito le disquisizioni di Niceforo, che nel 1901 scritturando ‘ Italiani del Nord ed Italiani del Sud’, si riconduce alle teorie lombrosiane non esitando a definire ‘maledetta’ la stirpe del Sud Italia, così come esplodono teorie di prevaricazioni razziali su base ‘ biologica’ firmate da: Haeckel, Denker, Blumenback.

E’ la volta ancora di Ploetz ( ‘Società tedesca per l’ Igiene e per la Razza, 1909) , nonché il via alle teorie ‘degenarazionistiche’ e di De Gobineau con il suo ‘ Saggio sull’ineguaglianza sulle razze umane’. Parte in quarta Galton con le teorie dell’eugenetica razziale da consegnare idealmente al Dott. Mengel, il medico del nazismo. Tuttavia, così come è giusto assegnare a Lombroso ed ai Savoia del tempo ‘il vanto’ di essere i precursori del nazismo ante-litteram, è sbagliato assegnare a Galton la paternità dell’eugenetica, la quale viene strutturata idealmente da Tommaso Campanella nella sua ‘ Città Del Sole’ nel 1602. Lombroso, ha di fatto acceso un cerino fino al tempo celato, infiammando sopiti spiriti latenti nell’animo della ‘scuola europea’ a testimonianza di come il Congresso di Vienna del 1815 aveva consegnato nazioni a popoli insoddisfatti ed insofferenti a nuovi assetti sociali e politici.

Evidenziato, dunque, come le teorie scientifiche del determinismo biologico lombrosiano sono state smontate dalla scienza, in quanto antiscientifiche e deleterie, il Comune di Motta Santa Lucia, nella persona dell’ Avv. Amedeo Colacino, Sindaco del Comune calabrese, ha intrapreso una battaglia legale per la restituzione del cranio (venendo meno la causa scientifica, la Carta di Nizza tutela i resti umani preservandoli alla pietas dei defunti) ed il Tribunale di Lamezia Terme il 3.10.2012 si è espresso favorevolmente condannando l’ Università degli Studi di Torino ed il Museo Criminologico Lombroso (custode del cranio), alla restituzione del resto umano.

Anche il Consiglio Comunale di Torino, riunendosi, ha votato favorevolmente, con una particolare alquanto sgradevole: la Lega Nord è stata l’unica forza politica a votare a sfavore presentando una mozione contro la decisione del Consiglio Comunale. Tali  politici, essendo tali per definizione, oltre a contravvenire ad una norma a tutela della dignità umana espressa da una Corte europea, non sono dotati di una conoscenza tecnica da potere suffragare tesi atte a dimostrate la sussistenza del fondamento scientifico contestato.

Ne deriva il fatto che tale infelice scelta, oltre ad essere sconcertante, affonda la logica nella consueta dottrina della pregiudiziale ideologica antimeridionalista cieca messa in piedi dalla Lega contro l’uomo del Sud Italia in genere. La Corte D’ Appello di Catanzaro, pertanto, in data 19.03.2013 si esprimerà in merito. Come summenzionato, il teschio è custodito all’interno del Museo Lombroso di Torino, che ha riaperto nel 2009 fra tante polemiche, dopo che nel 1985 tutti i ‘cimeli necrofili’  furono esposti platealmente alla Mole Antonelliana. La storia della restituzione di questo cranio ha fatto smuovere enti, istituzioni, associazioni, come il Comitato No Lombroso, comitato tecnico-scientifico sorto a tutela della dignità dei popoli oltraggiati da teorie  permeate dall’eugenetica, nonché promotore di un disegno di legge per la messa al bando della memoria di uomini colpevoli direttamente o indirettamente di siffatti crimini.

Il Presidente, Dott. Domenico Iannantuoni, ha istituito un equipe di ricerca, le cui disamine apriranno scenari rivoluzionari sullo studio messo in atto da Lombroso sul cranio, aprendo nuove frontiere alla storia. L’ International Crime Analisys Association  sta organizzando un futuro ‘ historical profiling’ , istituendo un gruppo selezionato di ricercatori che sotto le direttive del Prof. Marco Strano, Direttore scientifico, mediante il profiling ed il cold case, si immergerà  in ciò che furono le teorie lombrosiane ambientate sul cranio.

Sulla base di quanto relazionato, ponendo la corretta individuazione storica e genetica forense, la domanda è d’ obbligo: è stato Lombroso a servirsi dei Savoia del tempo, cavalcando l’onda dell’epurazione verso il Sud Italia per ergersi in campo medico ( si autoproclamò psichiatra senza esserlo), o sono stati i Savoia ad utilizzare il presunto medico per giustificare le rappresaglie verso una ‘razza maledetta ed irridimibile’ ?

La risposta si riconduce al contenuto del Museo Lombroso: 742 crani ( fra cui molti trapanati),  circa 100 maschere mortuarie, oltre 40 ferri di contenzione, quarantotto resti scheletrici di animali e ventisette umani, 183 cervelli umani, stralci tatuati di pelle umana, calchi di teste e particolari anatomici, feti umani. Chiunque visita tale museo non viene reso edotto che sta assorbendo teorie infondate e condannate dalla storia e dalla medicina,  ma percepisce l’acquisizione di quelle teorie come fonte di verità permanente. E qui scatta un dolo di presumibile malafede, che potrebbe essere allontanato, qualora il Museo restituisca il cranio, preservi un suo calco, illustrando ai visitatori gli errori scientifici ricaduti nel corso degli studi sulla genetica, causati dal Lombroso.

Come non interpretare questa perversa forma di esibizione feticcio-museale se non ad una prosecuzione ideale, sottile e criminale messa in atto già dall’esercito sabaudo, quando in pieno stato d’assedio post-unitario si faceva ritrarre in foto con teste mozzate di meridionali considerate trofei di guerra ?

Restituiamo la dignità nella sua giusta sfera  e ricolleghiamo alla scienza criminologica il suo giusto e naturale apporto da dare in campo antropologico ed investigativo.

La recente restituzione dei teschi della Namibia, da parte del Governo tedesco, dovrebbe fungere da esempio di civiltà scientifica.

di Domenico Romeo