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(foto fonte web)
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Scontro di coltelli tra opposte fazioni durante le Primarie del Partito Democratico alla vigilia del voto decisivo in Ohio.

Dopo l’intermezzo di “Leatherheads” (2007, in italiano “In amore niente regole”), George Clooney torna al cinema civile a sei anni dall’ottimo “Good night, and good luck”.

Ambientato per forza di cose in un’America parallela in cui Obama non è mai arrivato alla Casa Bianca e i Democratici si scannano per decidere il loro candidato alle Presidenziali 2012, è la raffinata ed energica messa in scena da sinistra di un’America disillusa e problematica, senza più fiducia nelle sue istituzioni, riposseduta da quella paranoia che contraddistingueva i thriller politici anni ’70.

Niente di particolarmente originale o iconoclasta, ma tutto è espresso con lucidità espositiva e ritmo ammirevoli. “Le idi di marzo” fila via come un treno, non ha note false né momenti sottotono, ha la solidità e il mestiere delle opere più mature e stratificate di un Pollack o un Pakula.

Nella dissezione senza sconti del proprio partito di riferimento, Clooney (anche co-sceneggiatore con Grant Heslov e Beau Willimon) non spreca una parola né uno sguardo, affidandosi molto agli attori (tutti bravissimi) ma imponendosi allo stesso tempo con uno stile asciutto ed elegante come un vestito su misura, e mantenendo uno stile e un aplomb da manuale dall’inizio alla fine: ne sono esempio i battibecchi da screwball comedy tra Gosling e Evan Rachel Wood o lo scontro tra il governatore e il suo spin doctor nella penombra della cucina di un bar, modelli di recitazione e scrittura controllata.

Ryan Gosling, tra le rivelazioni del 2011, è glorificato con un personaggio di straordinaria finezza e complessità. Peccato per il finale, debole e statico, che un po’ rovina il divertimento e abbassa il voto. Curiosità: lo slogan della campagna di Mike Morris, “I like Mike”, rievoca il repubblicano “I like Ike” inventato nel 1952 per il generale Dwight Eisenhower.

Le idi di marzo

(George Clooney, 2011)

genere: Politico

http://cinema-scope.org/

recensione di Giuseppe Pastore