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(foto fonte web)
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Mentre una troupe televisiva è in visita alla centrale nucleare di Ventana, scoppia un incidente. Forse. Un direttore coscienzioso cerca di vederci chiaro.

Il più noto film di James Bridges, regista e scrittore televisivo morto prematuramente nel 1993 a 57 anni, è un thriller solido e ambizioso, per buona parte riuscito, che fa leva su una delle paure più inscalfibili della popolazione americana e dunque mondiale (la contaminazione nucleare), un po’ denunciandola e un po’ strumentalizzandola.

Oscuro e finanche caotico nella prima parte, fondata sull’inevitabile aura di mistero attorno all’incidente d’apertura, diventa più tradizionale e lineare strada facendo, prima di approdare ad un finale di ottima scrittura e montaggio. Un film di attori, anche: Jack Lemmon vinse il premio a Cannes e fu nominato all’Oscar insieme a Jane Fonda; Michael Douglas, cameraman barbuto, è anche produttore.

Verosimile ma anche calcolatore nel suo essere per nulla consolatorio. La “sindrome cinese” che dà il titolo alla pellicola è il nome fantasioso attribuito in America ad un’ipotesi scientifica, parecchio improbabile ma non matematicamente impossibile, secondo la quale la fusione del nocciolo di un reattore nucleare porterebbe ad una fuoriuscita di massa fusa che bucherebbe il pavimento della centrale e si addentrerebbe all’interno della Terra; fino a sbucare su un suolo agli antipodi degli Stati Uniti, cioè in Cina.

Sindrome cinese

(James Bridges, 1979)
genere: Thriller

http://cinema-scope.org/

recensione di Giuseppe Pastore