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(foto fonte web)
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Daniele Lo Presti, 42 anni, fotografo professionista, denominato ‘dei vip’ per l’oggetto dei suoi scatti più gettonati; ufficialmente un dipendente di LaPresse (che ha però anche venduto per anni foto ad agenzie come quella di Fabrizio Corona) ritrovato morto meno di un mese fa a Roma.

All’inizio, vista la situazione ed il luogo nel quale è stato ritrovato il corpo dell’uomo, si era pensato ad un semplice malore. Era infatti sua abitudine fare footing sul lungotevere. Il pomeriggio in cui è deceduto Lo Presi, alcuni amici lo aspettavano proprio per una seduta di allenamento in gruppo ed è stato trovato con addosso solo una tuta e scarpe da ginnastica, una t-shirt e le chiavi di casa legate attorno al collo.

Tuttavia, dopo l’accertamento del medico legale, è stato rilevato un foro di proiettile sulla fronte della vittima. Trattasi quindi non di malore causato dall’affaticamento, ma di omicidio.

È naturale che l’assassinio di una persona “invischiata” profondamente nel Jet-Set nostrano diventi una notizia clamorosa. Ma siamo già dinanzi ad una notizia di secondo piano, al contrario di altri casi di omicidio sui quali nel nostro Paese continuiamo ad avere aggiornamenti frequenti? In realtà la polizia ha già scartato – o almeno, giudicato improbabile – la pista più “notiziabile”, ovvero che il movente del delitto abbia a che fare col lavoro della vittima, con le sue foto.

Se non è impossibile che il fotografo possa aver realizzato degli scatti “scomodi”, un sicario esperto non avrebbe certo scelto un tempo ed un luogo come quello dove è effettivamente avvenuto l’omicidio: alla luce del giorno, in un luogo in cui è possibile arrivare solo a piedi e dove la probabilità di essere visti è enorme, quando Lo Presti lavorava molto spesso di notte. Per questo le piste più battute sono altre, come quella del delitto accidentale: un’intimidazione per questioni di soldi finita in tragedia, o – come nel caso di Marta Russo – una persona che stava provando un’arma ha fatto accidentalmente partire un colpo mentre mirava alla figura del fotografo.

Ma forse l’ipotesi più attendibile è quella del delitto passionale. Già in passato, infatti, Lo Presti – non sposato e convivente con un amico – era stato invischiato in una faccenda simile.

Quattro anni prima, nella sua città natale di Vibo Valentia aveva ricevuto varie telefonate minatorie e la vicenda era culminata con la sua macchina data alle fiamme, tutto per una faccenda di gelosia.

È ancora presto per definire qualunque ipotesi come conclusiva, visto che mancano ancora molti dettagli, soprattutto riguardando la dinamica dell’omicidio. Tuttavia, non è completamente da escludere l’ipotesi del sicario, o almeno è da considerare valida l’ipotesi che l’omicida sapesse ben maneggiare un’arma per un semplice motivo: la posizione della ferita letale.

Checché ne dicano le tante serie e film di stampo anglo-americano, colpire una persona alla testa è estremamente difficile per chi non è abituato a maneggiare un’arma da fuoco, essendo la testa una parte del corpo estremamente mobile, anche ad una distanza di due metri.

Quindi, se è probabile che il colpevole sia un sicario, va considerato che sappia maneggiare un’arma e che forse ne abbia un regolare porto. Nell’attesa di ulteriori sviluppi, il caso Lo Presti è già uno dei gialli del nostro tempo.

di Simone Simeone