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(foto fonte web)
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Nadia Ridolfo scompare nel  settembre del  2005 all’età di 32 anni.  Separata dal marito, abitava a Rescaldina, un paese vicino  Saronno, in provincia di Varese.  Ha un passato di tossicodipendente dal quale non sembra esserne del tutto uscita.

Sparizioni e ritrovamenti

Poco tempo prima di sparire, Nadio Ridolfo era stata notata, anche durante la notte, mentre dormiva su una panchina a Saronno, nella zona di Viale Santuario, famosa per essere frequentata proprio da tossicodipendenti. È l’ex marito Giuseppe Giampietro a fare la denuncia di scomparsa, anche se con poche speranze.  Si affida anche alla trasmissione “Chi l’ha visto?”, però senza esito.

L’unica traccia: i documenti ed alcuni effetti personali della donna, ritrovati in una casa abbandonata di Turate, dove erano stati condotti i carabinieri, su indicazioni di un tossicodipendente. Poi più nulla e la sua scomparsa pare destinata a rimanere avvolta nel mistero, sino al  27 settembre 2006 quando in un bosco nei pressi della discarica di Mozzate, viene ritrovato uno scheletro di donna.

Il Labanof di Milano ricostruisce le fattezze che poteva avere il viso della sconosciuta ed i parenti di Nadia pensano subito alla loro congiunta sparita nel nulla. La sorella Annalisa telefona anche durante una nuova puntata di “Chi l’ha visto?” dedicata alla donna misteriosa del bosco e dice che è proprio il particolare di una cicatrice, presente sulle ossa ritrovate, a farle ritenere che si possa trattare proprio di Nadia che aveva subito un’operazione alla testa. Mozzate, inoltre, sarebbe del tutto compatibile con le zone frequentate da Nadia.

L’analisi del corpo

Sul corpo viene rinvenuto, fra gli altri, un anello molto particolare di fili metallici intrecciati, di fattura artigianale, di cui non si dirà più nulla. Se non ci sono dubbi su un possibile iniziale allontanamento volontario della donna, date le sue frequentazioni e la sua vita difficile – la morte della mamma in tenera età, poi lo choc della separazione dal marito e l’allontanamento forzato dei suoi due figli deciso dagli assistenti sociali,  eventi dai quali  lei non si era mai ripresa del tutto, l’uso di droga, intervenuta a gettare ancora più confusione in un quadro  già molto critico-  gli interrogativi rimangono su come sia morta.

A pochi giorni dalla puntata di “Chi l’ha visto”, l’antropologa forense Cristina Cattaneo dell’Istituto di medicina legale di Milano stabilisce la  piena compatibilità fra le radiografie del volto e della bocca di Nadia con quelle del teschio trovato sottoterra. È proprio lei e non ci sono dubbi  nemmeno sulla sua fine violenta. Secondo gli esami autoptici, infatti,  la donna è morta per soffocamento, o strangolamento  Ma chi e perché forse rimarranno per sempre un mistero.

Voci…

In Procura a Como viene aperto un fascicolo a carico di ignoti, ma non approda a nulla. Da subito l’impresa  appare ardua. Si vocifera che Nadia, dopo che il Tribunale le aveva tolto l’affidamento dei figli, non potendo contare sul marito, pare dedito all’alcool e probabilmente non troppo interessato, da circa un anno frequentasse un gruppo di marocchini o tunisini che giornalmente vendevano ingenti quantitativi di sostanze stupefacenti. Ed è proprio ad uno di questi gruppi che Nadia si era forse legata per poterne usufruire in cambio di vari servizi di sorveglianza della droga.

C’è chi mormora che, forse nel tentativo di rubare delle dosi ai suoi datori di lavoro, sia stata scoperta e “punita”. Ma nessuno osa parlare a fondo della questione e il giallo sulla sua morte rimane tale. Voci, omertà, confidenze: la verità è invece un corpo ancora in attesa di giustizia.

di Paola Pagliari