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Nel mondo scientifico ci si interroga continuamente su come sarà la Terra tra centomila anni, come cambierà l’atmosfera e quali saranno le forme di vita più adatte a colonizzare il nostro Pianeta.

Ipotizzando un pianeta con caratteristiche completamente diverse da quello in cui oggi viviamo, è lecito domandarsi come sarà l’essere umano tra centomila anni. Come cambierà l’espressione del nostro viso e come il nostro fisico andrà incontro a dei cambiamenti con lo scorrere del tempo? Quella che per tanti è una domanda retorica di curiosità, in realtà sembra aver stimolato l’interesse di due ricercatori americani, a tal punto da spingerli ad estrapolare un’ipotetica anteprima di quello che sarà l’essere umano tra centomila anni.

Gli autori di questo studio sono due giovani ricercatori della Washington University, un disegnatore Nickolay Lamm ed un genetista computazione, Alan Kwan; entrambi si sono focalizzati, utilizzando dei specifici calcoli di genetica computazionale, nel delineare i tratti del volto e della testa dei nostri discendenti tra centomila anni.

Differenze

Secondo le misure effettuate dai due ricercatori, la differenza sostanziale tra l’essere umano di oggi e quello che sarà presente sul Pianeta Terra tra centomila anni, riguarda principalmente le dimensioni della testa che saranno assai più grandi, per ospitare un cervello molto più voluminoso rispetto ad ora, probabilmente poiché con l’aumentare delle conoscenze sul funzionamento dell’Universo, la scatola cranica diventerà più grande così da accomodare un cervello più evoluto. In relazione all’aumento delle dimensioni del cervello anche la fisionomia del volto si adatterà ospitando una fronte più spaziosa, occhi più grandi dotati di palpebre più spesse ed arcate sopraccigliari più marcate, narici più ampie ed una pigmentazione della pelle più scura.

Gli adattamenti fisionomici del volto si attuerebbero per compensare fondamentalmente i cambiamenti climatici: in particolar modo gli occhi più grandi ed in grado di effettuare movimenti laterali diverrebbero necessari per poter vedere in condizioni più stringenti di luce, paragonabilmente a ciò che già avviene nei pianeti più lontani della Terra nel sistema solare, in questo modo il sistema oculare diverrebbe molto più sviluppato e specializzato ospitando anche delle palpebre più spesse, che assieme alla arcate sopracciliari più marcate aiuterebbero a superare le difficoltà di vista nello spazio.

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Caratteristiche

Allo stesso modo anche il sistema olfattivo si svilupperebbe accogliendo delle narici più ampie per riuscire a respirare atmosfere decisamente più rarefatte rispetto ad ora, così come una pigmentazione della pelle più pronunciata sarebbe fondamentale sia per resistere all’esposizione dalle radiazioni nello spazio, sia per limitare i danni dei raggi UV all’esterno dello strato protettivo dell’ozono.

La realizzazione di questo progetto porta alla luce il modo in cui la biologia sia in continuo cambiamento in concomitanza con le nuove scoperte che caratterizzano l’ingegneria genetica, in realtà però la comunità scientifica suppone che l’ingegneria genetica sarà utilizzata nel tempo, perlopiù per scoprire la cura contro le malattie genetiche anzichè essere applicata alla modifica dei caratteri estetici per adattarsi ai cambiamenti climatici.

Il progetto realizzato da Kwam ha destato non poche critiche, legate soprattutto al fatto che tra centomila anni sarà assai difficile poter osservare un effetto così forte sul cambiamento della fisionomia dell’essere umano, a meno che le condizioni ambientali non varino così rapidamente in maniera così marcata. Inoltre molti scienziati sono concordi sul pensare che il progetto non tenga conto di un’evoluzione di tipo culturale, cioè da oggi fino al passare di centomila anni, probabilmente l’uomo avrà nelle sue mani tutti gli strumenti per poter modificare il genoma e rendere se stesso più adatto a rispondere alle modificazioni climatiche, senza che si renda necessario l’uso di protesi come è stato ipotizzato dai due ricercatori.

Ad oggi possiamo soltanto sperare di poter vedere come saremo tra centomila anni nel nuovo universo.

di Alessia De Felice