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Stalking e femminicidio, 2 parole che fanno tanta paura. 

Stalking è un termine inglese per indicare una serie di atteggiamenti tenuti da un individuo che affligge un’altra persona, perseguitandola e generandole stati di ansia e paura, che possono arrivare a comprometterne il normale svolgimento della quotidianità; in quello italiano la fattispecie è rubricata come atti persecutori (articolo 612-bis del Codice penale). Il fenomeno è anche chiamato: sindrome del molestatore assillante.

Lo stalking è entrato a far parte del nostro ordinamento giuridico con il D.L. 23 febbraio 2009, n. 11. Prima di quella data, non vi era alcuna norma vigente in Italia.

L’uso del termine…

Contrariamente il termine femminicidio si riferisce a tutti quei casi di omicidio in cui una donna viene uccisa da un uomo per motivi relativi alla sua identità, cioè in relazione al fatto che la medesima è o è stata, la moglie o in relazione sentimentale con l’autore del delitto, in altre parole il medesimo artefice presumeva che la vittima dovesse iniziare o continuare la relazione sentimentale o sessuale.

Questo termine veniva già usato nel 1801 in Inghilterra, per indicare l’uccisione di una donna, poi è stato utilizzato dalla criminologa Diana Russell nel 1992, nel libro scritto insieme a Jill Radford Femicide: The Politics of woman killing.

Numeri

Da pochi anni però in Italia si parla di questo problema e lo stesso vale per lo stalking. Troppe però sono diventate le vittime dell’uno e dell’altro. Per questo motivo finalmente anche il governo ha detto: «Basta!».
Secondo i dati diffusi dall’Unione donne d’Italia – le vittime di femminicidio nel 2013 sono state 67 e 114 nel 2012; una vittima ogni due giorni e mezzo nei primi sei mesi dell’anno. Una strage infinita che però, e purtroppo, non riguarda solo il nostro ma tutti i paesi del mondo, con cifre non certo invidiabili.

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Secondo l’Osservatorio Nazionale Stalking sono 87 le persone che hanno perso la vita nei primi mesi 6 mesi del 2013, a causa delle violenze di un genitore, un partner, un collega. Il movente in tutti questi casi è il medesimo: mancata accettazione di una separazione o di un rifiuto.

 Nell’era digitale internet si è rivelato terreno fertile per lo stalking. La rete, infatti, offre grandi possibilità di comunicazione e interazione tra sconosciuti ed offre all’utente una (molto spesso illusoria) garanzia di anonimato. Avendo caratteristiche del tutto peculiari, lo stalking telematico è stato ribattezzato cyberstalking. Il mezzo informatico offre al cyberstalker diverse modalità di azione.

Cyberstalking

Occorre evidenziare che il cyberstalking, non è per nulla una semplice molestia virtuale: la molestia compiuta nel così detto “mondo virtuale” dell’informatica o della telematica in realtà è produttiva di effetti del tutto reali e gravi e per nulla virtuali. Le molestie commesse con il mezzo del computer o attraverso Internet spesso sono anzi anche più gravi e lesive per la vittima che quelle “tradizionali”. Quante volte difatti abbiamo sentito che a causa di cyberstalking, soprattutto ragazzini e ragazzine si sono tolti la vita.

In Italia

All’inizio del mese di agosto, l’Italia ha fatto un passo avanti con un decreto legge del governo che prevede pene più aspre contro mariti, conviventi, fidanzati, padri e figli violenti con mogli, fidanzate, madri e figlie.

Finalmente è stato presentato un nuovo piano straordinario di protezione delle vittime di violenza sessuale e di genere che prevede azioni d’intervento multidisciplinari, a carattere trasversale, per prevenire il fenomeno, potenziare i centri antiviolenza e i servizi di assistenza, formare gli operatori. È stato anche stabilito un permesso di soggiorno per motivi umanitari a quei soggetti che subiscono violenze e che siano stranieri.

Il governo ha varato il provvedimento: querela irrevocabile, aggravanti per coniuge o compagno anche non conviventi, processi più rapidi in casi di maltrattamenti e assistenza legale gratuita alle vittime. Ci sono però ancora molte situazioni che ahimè il governo non ha preso in considerazione e quindi da rivedere, per esempio, i centri antiviolenza vanno sostenuti ed adeguatamente finanziati, anche perché non sono presenti in modo omogeneo su tutto il territorio nazionale. Si deve assicurare alle donne, a tutte le donne, che ne hanno bisogno, assistenza e protezione.

Altre questioni molto importanti sono: l’assistenza legale gratuita per la donna offesa; una formazione vera e propria degli operatori; il sostegno alle immigrate vittime di violenza. Soprattutto però, la prevenzione di questo problema, che nel nostro paese al momento è del tutto assente, difatti nelle scuole quasi non se ne parla.

Ci auguriamo che l’aggravio delle condanne, possa distogliere i malintenzionati e aiutare le donne in difficoltà, ma nell’attesa che il problema cessi finalmente di esistere, ricordiamo il numero nazionale antiviolenza 1522.

di Dora Millaci