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Una bizzarra operazione di finanza creativa per uno dei simboli della spiritualità cinese.

Il percorso di crescita e prosperità economica cinese non sembra accusare battute d’arresto, anzi.

Anche quando le congiunture economiche globali metterebbero in allarme i maggiori possessori di grandi capitali e i più esperti investitori, a Pechino e dintorni ci si ingegna per trovare nuove forme creative e incrementare la ricchezza del Paese. L’ultima idea è sorta dopo circa un anno di attenta analisi delle prospettive future dell’operazione quotazione che quota in borsa di uno dei più importanti templi buddisti.

Nello specifico si tratta della dea Guan Yin del monte Putuo, dove milioni di credenti vanno a pregare per la salute dei loro figli. Questo imminente introito servirà a potenziare il business del santuario di Monte Putuo, ma non è detto che l’operazione vada a buon fine.

Partendo dal presupposto che ancora non è stata comunicata né la scadenza della IPO, né il listino di quotazione del tempio, gli ostacoli provengono dalle resistenze delle istituzioni religiose del Paese asiatico, le quali ipotizzano un grave danneggiamento dell’immagine della religione e l’offesa della sensibilità dei fedeli; per non parlare della legislazione cinese che vieta l’impiego dei siti storici, culturali e religiosi di proprietà dello Stato, per il business.

D’altronde questo sarebbe il primo caso al mondo di un luogo di culto quotato in un listino titoli, ennesimo tentativo che segue quelli falliti negli anni passati per il tempio Shaolin, tanto caro ai cultori del kung fu, e il monastero di Femen, celebre luogo di culto della Cina nordorientale che era in procinto di essere quotato alla Borsa di Hong Kong.

Un barlume di speranza per la realizzazione della fantasiosa idea di business viene dalla statistica: tali operazioni sono orchestrate ed eseguiti da società private che gestiscono siti religiosi.

Leggi statali e accuse di profanazione hanno una rilevanza minore e sono maggiormente raggirabili, come successe per il Monte Emei, montagna sacra per i buddisti cinesi.

di David Insaidi