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Non bastava la spending review, altri tagli sono in vista

Il governo Monti ha approvato un disegno di legge “per la stabilità”. L’unica cosa che appare buona di tale manovra è la riduzione dell’Irpef (la tassa sugli stipendi), con una riduzione dal 23 al 22% per i redditi fino a 15.000 euro e dal 27 al 26% per quelli da 15 mila a 28 mila euro.

Tale vantaggio sarà però ampiamente rimangiato dall’ulteriore aumento dell’Iva dell’1% (l’Iva fa parte delle tasse indirette, laddove l’importo da pagare non varia a seconda della fascia sociale).
E naturalmente per chi non ha un reddito regolare (principalmente disoccupati e lavoratori precari) tale misura costituisce solo uno svantaggio.

Ma la vera batosta riguarderà -tanto per cambiare- la sanità. Per quest’ultima è prevista una riduzione di spesa di ben 1,5 miliardi di euro.

Le ripercussioni saranno notevoli dato che molte Regioni non sono in grado di sobbarcarsi tali spese. Di conseguenza tutto ciò si tradurrà in un aumento dei ticket e in un deciso peggioramento dei servizi.

Chiuderanno altri ospedali? Probabilmente sì, con tutte le conseguenze sui disagi di tante persone, soprattutto anziane, che dovranno ricoverarsi in luoghi sempre più distanti dalla loro abitazione. E diminuiranno naturalmente anche i posti letto.

Difficile pensare che non ci sarà un’ulteriore perdita di posti di lavoro, soprattutto precari, anche in questo settore.

Dove trovare risorse

Per ironia della sorte, quel che lo Stato italiano risparmierà dai tagli alla sanità, lo riperderà di nuovo grazie agli incentivi per le imprese private.

Dunque per l’ennesima volta lo Stato italiano da una parte risparmia, tagliando pensioni, lavoro, scuola e servizi; dall’altro lato ci rimette, con aiuti, incentivi ai privati, continuando sostanzialmente a non trovare modalità di contrasto all’immensa evasione fiscale, così come per la tassazione dei grandi patrimoni, nonché verso le colossali ricchezze della Chiesa (e verso spese effettivamente eccessive come le commesse militari per circa 15 miliardi di euro).

A trarre maggiormente vantaggio saranno, neanche a dirlo, le banche che sul debito pubblico si stanno arricchendo in una maniera tanto impressionante quanto incontrastata.

di David Insaidi