Le reazioni dei finti insegnanti
Contrariamente a quanto si poteva ipotizzare o prevedere, una parte importante dei 40 partecipanti continuò a infliggere scosse come veniva loro suggerito. Molti protestarono, qualcuno sollevò obiezioni e in alcuni casi vi furono vere e proprie rimostranze. Ciò nonostante, l’esperimento Milgram venne portato a termine così come concepito.
Alcuni fra gli insegnanti manifestarono segnali riconducibili ad un forte stress; più tardi, intervistati a completamento dei protocolli, ammisero di essere stati consapevoli del grado di dolore che andavano infliggendo.
Alcuni fra loro manifestavano segnali inequivocabili di un disagio psicologico, sudavano, tremavano, si mordevano le labbra o ridevano senza un motivo.
Rilevante il momento in cui in tre episodi dovettero interrompere il test perché tre delle persone reclutate per interpretare gli insegnanti vennero colte da convulsioni. In un caso invece venne interrotto, sembra, per un malore dell’insegnante.
Cinque furono i soggetti studiati che si fermarono prima di infliggere la scossa a 300 volt; altri decisero di fermarsi immediatamente dopo tale soglia.
Il dato rilevante riguardò ben 26 persone fra i selezionati per l’esperimento, queste infatti, furono quelle che giunsero alla somministrazione di scosse a 450 volt.
E su quei 26 insegnanti in particolare si fonda una serie di considerazioni dell’esperimento Milgram di estremo interesse.
I punti salienti delle conclusioni
La tensione in queste persone era tangibile, dalle fonti audio repertate si estrapolarono alcune frasi, una persona fra tutte dichiarava:
“Penso che stia cercando di comunicare, lo sento picchiare sul pavimento … Non è giusto dare scosse al ragazzo … sono voltaggi estremi. Non credo che sia umano … Oh, non posso continuare, no, non è giusto. È un incubo di esperimento. Quella persona sta soffrendo. Non voglio andare avanti. E’ una cosa da folli “.
Gli studi successivi alla conclusione stabilirono che queste persone avevano agito contro la propria morale, assecondando un’autorità che riconoscevano come tale perché contestualizzata. Si stabilì infatti che a rendere credibile e autorevole la figura dello scienziato fu il contesto stesso, ovvero l’Università di Yale.
A nessuno dei partecipanti venne intimato nulla, piuttosto si esortò, ma dinnanzi ad un potenziale rifiuto non era prevista alcuna conseguenza per l’insegnante reticente.
Potevano rifiutarsi, potevano fermarsi, potevano contestare o uscire dal programma, nulla impediva loro di seguire la morale.
Eppure più della metà dei 40 partecipanti iniziali portò a termine lo studio come richiesto.
Quindi, obbedire ad un ordine ci deresponsabilizza?
Tre risultarono essere i punti cardine sui quali ruotavano le interpretazioni delle diverse reazioni:
- percezione di legittimità dell’autorità (nel caso in questione lo sperimentatore incarnava l’autorevolezza della scienza)
- adesione al sistema di autorità (l’educazione all’obbedienza fa parte dei processi di socializzazione)
- le pressioni sociali (disobbedire allo sperimentatore avrebbe significato metterne in discussione le qualità oppure rompere l’accordo fatto con lui)
Grazie all’esperimento Milgram si fissò un punto fondamentale nella psicologia sociale, ovvero la percezione della situazione (ridefinizione del significato della situazione).