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Quindi, contestualizzare le norme sociali implica che un comportamento aggressivo debba venir interpretato dal soggetto stesso in relazione alla situazione.

Milgram riuscì a dimostrare che, nel preciso istante in cui il soggetto accetta la definizione di situazione presentata dall’autorità, arriva ad interpretare un’azione distruttiva non solo come ragionevole e accettabile ma anche come oggettivamente necessaria.

Ci basta per interpretare, per esempio, gli orrori dell’Olocausto? Lo sterminio ragionato, perpetrato, costruito a tavolino di milioni di persone.

Ci basta per digerire che il libero arbitrio venga scalzato dalla percezione della situazione che sembra giustificare ogni azione, anche la più becera?

E per accettare come risposta “dovevamo eseguire gli ordini ricevuti“?

Di sicuro non bastò a Mattew Hollander della University of Wisconsin che riprenderà gli studi di Stanley Milgram rivisitandoli e regalandoci una seppur minima divergenza di opinioni che pubblicò nel British Journal of Social Phychology.

Egli, basandosi sullo studio dell’esperimento Milgram, giunse piuttosto ad un’altra domanda:

L’essere umano è quindi meno crudele di quanto si creda?“.

Scriveva Milgram nel 1974 : “L’autorità ha avuto la meglio contro gli imperativi morali dei soggetti partecipanti, che imponevano loro di non far del male al prossimo. La gente comune può diventare così parte attiva di un processo distruttivo terribile: sono pochissime le persone che hanno le risorse necessarie per resistere all’autorità”.

Perciò la sua risposta alla domanda in apertura: “E’ possibile che Adolf Eichmann e i suoi milioni di complici nell’Olocausto stessero solo eseguendo ordini? ” risultò essere un “sì”.

Lucia Codato

 

 

 

 

 

 

 

 

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